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IERI OGGI E...

GLI SPIETATI
di Clint Eastwood

di Mirko Nottoli
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.
Ci sono tanti modi per vedere un film come Gli Spietati. Opera complessa, rivela, ad ogni visione, livelli di lettura sempre diversi e sempre più profondi. Stiamo parlando di un Western, certo. A livello superficiale non è nulla di più, una storia anche banale a raccontarsi: un tizio sfregia una prostituta che ha osato ridere della sua limitata "virilità" le compagne gli mettono una taglia sulla testa, pistoleri arrivano da ogni parte per intascare la ricompensa ma se la dovranno vedere con il terribile sceriffo (Gene Hackman, da pelle d'oca) che non vuole disordini in paese. Cowboy e pistole, sceriffi e pistoleri, corse a cavallo e tiratori infallibili, tramonti su spazi sconfinati, paesaggi suggestivi finemente fotografati, musica in sottofondo (tema centrale, poche note pizzicate, composto dallo stesso Eastwood) che accompagna il cammino dei nostri eroi. Sembra di trovarsi di fronte ad un opera classica ma subito ci si accorge che classica non lo è per niente. A cominciare dal protagonista, vecchio, stanco e arrugginito, che vediamo fin dalla prima inquadratura rotolare nel fango in mezzo ad un branco di maiali isterici, nel tentativo di separare quelli sani da quelli malati, mentre i due figli lo osservano, rassegnati, da sopra lo steccato. In seconda battuta, non sfuggono interpretazioni di ordine sociologico e morale: le prostitute ritenute alla stregua di animali, chi le sfregia non merita alcuna punizione, soprattutto se trattasi di cittadino rispettabile, lavoratore, persona considerata "perbene" dal resto della comunità perbenista, anche se poi va a puttane. Una puttana sfigurata invece non vale più di due cavalli di risarcimento e il caso è chiuso, se non potrà più lavorare potrà sempre pulire il pavimento! Fino a qui nulla di strano. Fino a qui. La chiave di lettura successiva è quella meta-cinematografica. Un western che parla del Western, così come l' abbiamo conosciuto sul grande schermo. Chi ha detto che Gli Spietati mette la parola "fine" a un intero genere, ha detto bene. Genere glorioso, che ha decretato la fortuna di Hollywood, il Western oggi è considerato ormai morto e sepolto. I tentativi di Kasdan, con Silverado (1985) , e di Kostner, con Balla coi lupi (1990), di ridargli nuova linfa aggiornandolo ai gusti contemporanei, pur avendo ottenuto risultati importanti, sono rimasti episodi isolati, senza alcun tipo di seguito. Ma poteva la storia andare a finire così, lasciata così in sospeso, in una terra di nessuno? Eh no, il Western non è cosa da trattare con siffatta noncuranza ed esisteva una solo persona in circolazione che potesse tornare alle origini del racconto, riannodare i fili del discorso e suggellarne l'epilogo. Sottolineato, anche con troppa insistenza, per tutta la durata della pellicola, il messaggio di Eastwood è chiaro e categorico: prendete tutto quello che avete imparato riguardo al Vecchio West e dimenticatelo! Non esistono eroi, non esistono tiratori infallibili (a meno che non ci sia da sparare alle anatre), non esistono buoni, né brutti né cattivi. Sono solo stereotipi. Ammazzare un uomo non è facile come ci hanno fatto credere e se si uccide non si uccide per nobili ideali, semmai per il mero denaro. Non esiste giustizia, "tutti meritiamo di morire, i meriti. non contano". L' epica del duello è completamente ribaltata. Qui, chi muore, muore strisciando implorando un po' d'acqua, mentre vittime e carnefici assistono impotenti, abbassando lo sguardo per evitare di incontrare lo sguardo altrui. O peggio, chi muore, muore sorpreso sulla tazza del cesso, a bocca aperta e con i pantaloni abbassati, umiliato ed indecente. Neppure per colui che impugna la pistola è semplice: la mano trema e il dito si fa pesante quando si tratta di premere un grilletto. Meta-cinema si diceva, perché tutto quello che abbiamo imparato e creduto sul Western l' abbiamo imparato e creduto dal cinema. E il cinema a sua volta ha pescato dalla letteratura, dai romanzieri a caccia di testimonianze orali che si ingigantivano e si deformavano ad ogni passaggio di bocca, leggende che venivano spacciate per biografie, che trasformavano il "Baro della morte" in "Barone della morte". William Munny del Missouri che un tempo ha ucciso vecchi e bambini, esseri che strisciavano e che camminavano e che, adesso, in quel saloon sta per uccidere Little Bill . Si ricorda il passato di Will Munny e giungono alla mente altre immagini, quelle di un Will Munny molto più giovane, uno straniero senza nome venuto dal nulla, di un "Joe" o di un "Biondo" qualunque, eroi sì, loro malgrado, causa di quel briciolo di coscienza che probabilmente avrebbero preferito non possedere. Indimenticabile Sergio Leone. Quelle le immagini che Eastwood vuole rievocare. Nel frattempo egli è invecchiato e con lui sono invecchiati i suoi personaggi. Tempo reale e tempo cinematografico si sovrappongono. E' come se là li avessimo lasciati, e ora, trent' anni dopo, dopo un lungo Medioevo, scopriamo che l'orologio ha ticchettato anche per loro. "Il film non è più solo avventura - scrive Mereghetti - ma angosciata riflessione sul Tempo e sulla Storia" . Se non lo si è ancora capito, la chiave di lettura successiva è quella autobiografica e ha il sapore di un'abdicazione, perché tra tutto quello che Gli Spietati è, è anche un addio. Fin dall' inizio infatti è un continuo rammentare il passato contrapposto al presente, un continuo precisare che "non siamo più quelli di una volta" . Una volta Eastwood/Munny sparava e uccideva senza batter ciglio, il Western era il Western e la gente correva al cinema per vederlo. "E' così che andava ai vecchi tempi!" Ora invece, Eastwood/Munny non riesce più nemmeno a montare a cavallo, non riesce più a centrare una lattina a pochi metri di distanza e al cinema i western non li programmano più. Ma come si diceva all' inizio, ci troviamo di fronte ad un'opera complessa, sfuggente, dalle mille anime. Se prima del finale ci eravamo persuasi su quanto ci veniva comunicato, ora non ne siamo più tanto sicuri. Pare infatti contraddirsi apertamente, ritornando totalmente sui suoi passi. Tutti quei discorsi prosaici sulle leggende fasulle del West e poi, d'improvviso, Munny, sotto l' albero mentre ascolta il racconto della donna venuta a consegnar loro i soldi, apprendendo dell'uccisione dell'amico Ned, ricomincia a bere e torna ad essere "spietato" come una volta, riaprendo in un baleno quelle porte del Mito che per tutto il tempo il film ci ha detto di sprangare. Perché? 1- Perché , come scrivono Escobar e Paini, " c'è in Munny qualcosa che non si può dimostrare, ma solo mostrare e raccontare. Come Achille per la morte di Patroclo o come Aiace per le armi truffate da Odisseo, Munny si infuria. Il suo furore, il suo pathos, infrange i confini del tempo e della morale. Questa è la natura di un eroe. La risposta non ci soddisfa? Non è suo compito". 2- Perché Eastwood è innanzitutto un uomo di Cinema e non ci sarebbe Cinema, se non ci fosse Mito. E' uno spiraglio, un epilogo aperto, è come se volesse dirci: lo si può seppellire ma lì rimane, perché il Mito non muore, il Cinema non muore, si può sempre rinascere dalle proprie ceneri. 3- Ma soprattutto perché tra tutto quello che Gli Spietati è, è innanzitutto un omaggio. Un omaggio commovente di Eastwood verso i suoi maestri, verso chi l' ha scoperto, chi gli ha insegnato, chi l'ha reso quello che è oggi. Personalmente non riesco a leggere, dopo i lunghi titoli di coda, quel "dedicated to Sergio and Don" senza che una lacrima giunga, ogni volta, ad offuscarmi la vista. La loro lezione non è mai stata dimenticata ed ora è il momento di raccogliere i frutti. Grande successo di pubblico e di critica, vincitore di 4 premi Oscar (Miglior Film, miglior regia, miglio attore non protagonista [Hackman], miglior fotografia), Gli Spietati centra tutti i bersagli, il che rende l'impresa di Eastwood ancora più epica. Il proseguo della sua carriera non sarà che una assoluta, inarrestabile conferma: giungeranno altri premi, altri capolavori, l'ammirazione unanime verso colui che è ormai considerato uno degli autori più importanti del secolo.


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