La recensione del film Giorni perduti di Billy Wilder

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Trama

GIORNI PERDUTI di Billy Wilder

Giorni perduti Recensione
Don Birman (Milland), uno scrittore di poco successo, cerca conforto nell'alcol, diventandone ben presto dipendente. Non sapendo rinunciare al suo vizio precipita sempre più in basso. Anche coloro che lo amano il fratello e l'innamorata, finiscono per abbandonarlo. Egli vive soltanto per la bottiglia ed il suo unico scopo è procurarsi il denaro sufficiente per bere. Giunto perfino a rubare, verrà internato in un ospedale per disintossicarsi e qui assiste a scene allucinanti di persone impazzite in preda al delirio, che urlano ed implorano. Toccherà anche a lui vivere in questo stadio tremendo, cercherà di uccidersi, ma l'amore della fidanzata riuscirà a salvarlo.
Idea Centrale
È un'amara e tragica riflessione sulla solitudine dell'uomo metropolitano e su una ideologia che condanna, senza appello, l'insuccesso.
Analisi
II realismo di "Giorni perduti", riscontrabile sia negli esterni che sono stati girati nelle vere strade di New York, sia in alcune scene memorabili (come quelle delle allucinazioni, delle bottiglie nascoste e del pipistrello) indicano una strada espressiva nuova, che trasgredisce alle consolidate regole dell'estetica hollywoodiana. In una New York cupa ed indifferente sottolineata dalla splendida musica di Miklós Rózsa, Ray Milland ci offre una delle sue più belle interpretazioni.
Note e curiosità
"Giorni perduti" ha ricevuto quattro Oscar: miglior film, regia, sceneggiatura e protagonista. Milland venne preferito a José Ferrer dalla Paramount, la quale esigeva che un alcolizzato sull'orlo della distruzione avesse almeno la faccia di un bravo ragazzo.(Da "201 film capolavoro secondo la critica " di Gaetano Sandri)


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