La recensione del film Ghostbusters Legacy

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GHOSTBUSTERS: LEGACY - RECENSIONE

Ghostbusters Legacy recensione
Recensione

di M. Marescalco
[Ghostbusters Legacy recensione] - If there's something strange. In your neighborhood. Who you gonna call? Ghostbusters! Chi dice di non aver canticchiato questo motivetto almeno una volta nella vita mente spudoratamente. Ghostbusters: Legacy segna il ritorno del franchise che ha reso grande il nome di Jason Reitman. A raccogliere il testimone della sfida, questa volta, è Ivan Reitman, figlio del regista che ha diretto i due episodi della saga con Bill Murray, Dan Aykroyd, Harold Ramis ed Ernie Hudson tra il 1984 e il 1989. Questo semplice trait d'union padre-figlio sancisce il tema di fondo di Ghostbusters: Legacy (il cui titolo originale – e ben più loquace di quello italiano – è Ghosbusters: Afterlife), la cui narrazione è incentrata sui legami tra vecchio e nuovo e su ciò che resta dopo la morte. Protagonista del film è una piccola famiglia – formata da Callie e dai suoi due figli, Phoebe e Trevor – che, dopo essere rimasta senza risorse economiche, si trasferisce a Summerville, in una fattoria isolata e macabra ereditata dal padre svitato di Callie, recentemente deceduto. Nella cittadina, però, iniziano presto a manifestarsi strani fenomeni, tra cui inspiegabili scosse di terremoto. Per salvare Summerville, è necessario che Phoebe e Trevor si trasformino in acchiappafantasmi sfruttando quelle che sembrano essere le perfette imitazioni di armi utilizzate nella New York del 1984 e il decisivo aiuto di Mr. Grooberson – portato sullo schermo da Paul Rudd. Gli ultimi anni hanno visto il trionfo della retromania e incredibili cortocircuiti tra i classici degli anni Ottanta – Gremlins, I Goonies, E.T. e l'immaginario di IT di Stephen King –, l'universo narrativo e tematico di Steven Spielberg, i sentimenti in super 8 di J.J. Abrams e l'operazione shaker di Stranger Things. In Ghostbusters: Legacy, gli anni Ottanta e la nostalgia ritornano sotto forma di fantasmi familiari e di icone impolverate. È il passato ad abbracciare il nuovo e a passargli letteralmente lo zaino protonico. A partire da una famiglia monca – così tipica del cinema di Steven Spielberg – il film segue il coming of age di due ragazzini che sembrerebbero usciti da un film di John Hughes o Cameron Crowe. Jason Reitman ha dato vita a una straordinaria operazione analogica in cui la nostalgia e i sentimentalismi non sono mai fini a sé stessi. Qui non si tratta di omaggiare il passato ma di un ritorno in scena di fantasmi – e, quindi, di cinema e personaggi – immortali che hanno colonizzato il nostro immaginario. Rimanete in sala fino alla fine dei titoli di coda per assistere a una scena che vi riconcilierà con gli amabili resti e con tutto ciò che si perde o si dimentica nel corso del tempo. È impossibile non amare un cinema così privato e intimista che riesce a mantenere la propria personalità nonostante il ricorso a un alto budget. (La recensione del film "Ghostbusters Legacy" è di Matteo Marescalco)
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