La recensione del film Freeheld

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FREEHELD - RECENSIONE

Freeheld recensione
Recensione

di D. Di Benedetti
[Freeheld recensione] - Il 26 giugno 2015, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha impresso un marchio indelebile nel grande libro della storia americana, garantendo a tutte le coppie omosessuali di unirsi in matrimonio e ottenere così gli stessi identici diritti e doveri delle coppie eterosessuali. In Italia, il proclama della Corte Suprema ha riacceso non poco il dibattito (che dovrebbe essere già concluso da tempo in un Paese che è membro fondamentale dell'Unione Europea) sulle unioni civili, dibattito che ancora oggi vede protagonisti retrogradi professionisti della menzogna che, oltre a fomentare odio e intolleranza attraverso la paura di una inesistente "teoria del gender", ostacolano il passaggio del Bel Paese a Stato attento alle esigenze, al rispetto e alla tutela dei cittadini tutti, eterosessuali, transessuali, omosessuali che siano. Un film come "Freeheld" andrebbe mostrato a questi signori poc'anzi citati, ancora convinti che debba esistere una distinzione fondamentale, basata su ideologie non poco influenzate dalle proprie credenze religiose, tra matrimonio e quelle "specifiche formazioni sociali" (come recitano le ultime modifiche al decreto Cirinnà) che minacciano, a detta loro, l'istituzione della famiglia. In America la distinzione è ormai estinta. In Italia, nel momento in cui scriviamo, una persona omosessuale non può destinare al proprio compagno/a i beni in suo possesso per successione se non attraverso testamento (in realtà, per testamento si può disporre solo di una quota del proprio patrimonio, chiamata "disponibile", mentre i parenti stretti del defunto hanno diritti su gran parte del patrimonio a prescindere dalla sua volontà diversamente espressa. Una disposizione in favore del compagno/a potrebbe venire quindi annullata o perlomeno ridotta di molto). Lasciando però da parte le (ad ogni modo necessarie) polemiche sulle mancanze della giurisprudenza italiana, "Freeheld", diretto da Peter Sollett e scritto da Ron Nyswaner (sceneggiatore di "Philadelphia"), racconta la storia vera del tenente di polizia del New Jersey Laurel Hester (intepretata da Julianne Moore) e della sua compagna Stacie Andree (Ellen Page), che nel 2005 è diventata un punto cardine nella crescente lotta per la giustizia, l'uguaglianza e la parità di diritti in America. La lotta inizia quando la coppia sta vivendo un momento di trasformazione: Laurel, che si è improvvisamente e profondamente innamorata di Stacie e ha da poco iniziato con lei una convivenza, riceve una terribile notizia. La donna ha infatti un cancro ai polmoni in stadio avanzato. Il suo unico ed ultimo desiderio è poter lasciare tutti i suoi benefit pensionistici alla compagna, in modo da potersi prendersi cura di lei anche dopo la sua morte. Ma le sue richieste vengono ripetutamente rigettate dai cinque "Freeholders" dell'Ocean County (il termine "freeholder" si riferisce alla carica governativa, unica del New Jersey, che ha l'autorità di decidere in merito alle proprietà e alle finanze dei cittadini). Non accettando che le venga negato ciò che ad ogni persona eterosessuale verrebbe concesso come un ovvio diritto, Hester intraprende un'audace battaglia nel momento più difficile della sua vita, aiutata dal collega detective Dane Wells (Michael Shannon) e dall'attivista gay Steven Goldstein (Steve Carell). L'importanza di un film del genere nella sale italiane è stata ampiamente sottolineata in precedenza. Appare però necessario sottolineare in questa sede, con altrettanta onestà, che il film manca di quel coinvolgimento, di quel pathos e di quell'originalità che avrebbe potuto farne un memorabile inno all'uguaglianza e al rispetto della diversità in un periodo in cui, dopo la sentenza della Corte Suprema americana, la "Rainbow Wave" sta invadendo non solo gli spazi politici, ma anche quelli dell'intrattenimento. Sollett non va oltre il compitino scritto e realizza un film freddo, distaccato e didascalico, nonostante il cast di eccezionali talenti, primo fra tutti quello di Julianne Moore, che proprio con un ruolo simile ha vinto un Oscar (quello della malata di Alzheimer in "Still Alice") e che in "Freeheld" fatica a trasmettere allo spettatore l'intensità e la sofferenza del personaggio. Anche il personaggio di Steve Carell, chiamato a stemperare i toni drammatici della pellicola, si risolve in una macchietta convenzionale, nonostante la sua teatrale presenza all'interno di un contesto che tenta (giustamente) di dipingere le gioie e le sofferenze di una coppia omosessuale nel modo più naturale possibile, al pari di una qualsiasi coppia eterosessuale. Emozionano di più, paradossalmente, le immagini della vera coppia inserite nei titoli di coda, che rimandano all'omonimo cortometraggio documentario a cui il film di Sollett si ispira (vincitore del premio Oscar nella categoria "Documentary Short Subject" nel 2007). Tutto ciò rende "Freeheld" un film che, contenutisticamente, equivale quasi alla lettura della pagina Wikipedia dedicata alla sua protagonista (che, ad ogni modo, merita di essere ricordata per aver dato il via a quel lungo percorso che, almeno in America, ha portato alla vittoria dell'uguaglianza sul pregiudizio e la discriminazione). (La recensione del film "Freeheld" è di David Di Benedetti)
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