FRANKENSTEIN JUNIOR di Mel Brooks
di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
"Si può fare" è solo una delle tante celebri citazioni di una delle commedie più riuscite. "Frankenstein
junior" di Mel Brooks è la parodia per eccellenza. Rifacendosi al grande classico di Mary Shelley,
"Frankenstein" ne riprende le caratteristiche principali con il solo e unico scopo di alterarle per far
divertire lo spettatore. E ci riesce, nel migliore dei modi.
Il protagonista dell'intera vicenda è un giovane medico e professore universitario, Frederick
Frankenstein, nipote del famoso dottore Victor von Frankenstein. Per distinguersi e allontanarsi dal
nonno, sia per quanto riguarda la fama che per quanto riguarda le teorie scientifiche assolutamente
non condivise, il professore si fa chiamare Frankenstin, modificando la pronuncia e l'accento del
proprio cognome.
Al termine di una lezione universitaria questi riceve la visita di un notaio che gli comunica che il
barone gli ha lasciato in eredità un castello in Transilvania. Nonostante non sia completamente
convinto, anzi molto scettico, il giovane medico decide di recarsi in Romania per visionare ciò che
sembra spettargli di diritto. Ad aspettarlo e fare gli onori di casa ci sono il gobbo Igor (che si fa
obbligatoriamente chiamare Aigor, prendendosi gioco del protagonista che insiste per essere
chiamato Frankenstin), nipote del vecchio assistente del nonno, la giovane assistente Inga e la
misteriosa Frau Blücher che, tramite un sotterfugio, fa avere a Frederik gli appunti del nonno per
formare la creatura. Il giovane si decide a seguire le orme del nonno e mentre si mette alla ricerca del
corpo di qualcuno, incarica Igor di prelevare il cervello di Hans Delbruck, un grande scienziato.
L'assistente, però, a causa di un incidente, preleva un cervello etichettato come "anormale".
Una volta data vita alla creazione, quest'ultima fugge e incontra una bambina e un eremita cieco, con
il quale si innescano una serie di peripezie. Fortunatamente Frederik riesce a riportarlo a casa, in
salvo, e cerca di convincerlo che si tratta di una brava persona. Per convincere lui e tutti quelli che lo
circondano organizza una sorta di spettacolo dove lui e la creatura si esibiscono in un numero di tip
tap, ma a causa di un principio d'incendio sul palcoscenico, quest'ultima fugge nuovamente, viene
catturata dalla polizia e incatenata in carcere.
Nel frattempo arriva la fidanzata di Frederik, Elizabeth, per una sorpresa al protagonista, ma viene
rapita dalla creatura che era riuscita a fuggire dal carcere. Invece che spaventarsi o indignarsi per il
gesto compiuto dalla creatura, Elizabeth se ne innamora, soprattutto grazie alla prestanza fisica. Ma
Frederik, spaventato per le sorti del "mostro" tenta di richiamarlo con la magica musica del
Frankenstein e riesce, così, a farlo tornare al castello. In un ultimo disperato tentativo il giovane
dottore tenta uno scambio cerebrale fra lui e la creatura in modo da fornire a quest'ultima una parte
di intelligenza che possa permettergli di essere più normale. Fortunatamente il risultato è positivo e
la storia si conclude nel migliore dei modi, cioè con due storie d'amore appena sbocciate. La prima è
quella tra il "mostro" e Elizabeth e la seconda è quella tra Frederik e Inga (soddisfatta dal guadagno
fatto a seguito dell'operazione di scambio tra i due).
Una parodia più che riuscita quella realizzata da Mel Brooks che colloca di diritto il film tra le
commedie più riuscite e più brillanti di sempre della storia del cinema.
Parte del merito, oltre che al regista, va anche a Gene Wilder, valida spalla per la sceneggiatura, oltre
che grandissimo attore e interprete del personaggio principale.
Ciò che viene apprezzato maggiormente dal pubblico è la realizzazione di un'opera molto attenta ai
dettagli e ai particolari dal momento che si rifà completamente all'originale. Dalla pellicola viene
estrapolata tutta una serie di elementi che, dopo essere stati analizzati attentamente, vengono
trasformati e, spesso, esagerati proprio sulla base dell'intento finale del film.
L'aspetto che forse più di tutti risalta alla vista è la scelta del bianco e nero per rendere il
lungometraggio un'opera datata, come lo era stata l'originale. Accanto a questa decisione, da una
parte rischiosa, ma dall'altra sicuramente molto efficace, c'è un'attenzione molto particolare anche
per le musiche, utilizzate nelle colonne sonore dell'epoca.
Il grande successo, pero, è dato anche e soprattutto dagli interpreti, sicuramente indovinati nei
rispettivi ruoli, ma che comunque hanno lasciato qualcosa di sé ai propri personaggi. Al di là della
genialità di Wilder che viene presentato e mostrato lungo tutta la narrazione come una persona
abbastanza pacata e tranquilla, ma che in realtà si rivela essere completamente diversa, va
assolutamente menzionato il personaggio di Igor, interpretato da Marty Feldman, che, con il solo uso
dello sguardo, riesce a far trasparire non solo le proprie intenzioni, ma anche quelle dell'intero film,
instaurando una sorta di connessione con il pubblico che si accorge di non poter fare a meno del
gobbo (la cui gobba si può spostare a piacimento da una parte all'altra) per comprendere a pieno la
trama.
Una comicità comunque che non va mai al di là, non sfocia mai oltre il confine, ma rimane sempre e
costantemente pungente al punto giusto. Ed è la stessa comicità che se da una parte rende il prodotto
una delle migliori commedie di sempre, dall'altra permette anche al regista di inserire alcuni elementi
che possano, in qualche modo, spiegare la propria visione del mondo e il proprio punto di vista, in
modo da far riflettere anche lo spettatore. Il personaggio che, da questo punto di vista, sembra
riassumere al meglio quest'intento è proprio Frederik che passa da colui che vuole assolutamente
rinnegare l'operato del nonno, distanziandosene in ogni scelta a colui che, invece, è in qualche modo
obbligato, positivamente, a seguirne le orme.
Interessante è, poi, anche il modo in cui Brooks gioca con i doppi sensi, celati all'interno della storia,
ma che trapelano dai vari personaggi attraverso battute, gag e situazioni che non sfiorano mai il
ridicolo, l'esagerato, il volgare, ma che anzi rimangono perfettamente in linea con ciò che viene
mostrato e diventano una chiave di lettura interessante dell'opera stessa.
Anche la commistione tra parodia e omaggio non è da sottovalutare perché c'è indubbiamente un
intento parodico nella costruzione del film, ma esso si va a mescolare perfettamente con i vari
riferimenti costanti.
A coronamento di tutto questo c'è da ricordare il grande successo di pubblico del film che, ancora
oggi, è molto apprezzato tanto da essere tra le cento migliori commedie americane di sempre. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.