La recensione del film Frank

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FRANK - RECENSIONE

Frank recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Frank recensione] - Chi è Frank? Un genio, un folle, un poeta, uno psicopatico, un profeta, un emarginato, un leader carismatico, un cerebroleso? Ha capito tutto della vita o non ha capito niente? Quelle urla nel microfono, quando si esibisce con il suo gruppo, i Soronprfbs, nome indecifrabile come se stesso, sono scemenze o è la verità rivelata, il senso ultimo e profondo delle cose? Chi c'è dietro la gigantesca maschera di cartapesta, dall'espressione tra l'ebete, il sorpreso e il divertito che Frank non si toglie nemmeno sotto la doccia? E' un'entità reale o metafisica? C'è una persona dietro o non c'è niente? All'interno del suo microcosmo, del suo piccolo mondo composto dai pochi membri della band, Frank è un esempio, è il modello inarrivabile a cui tendere, la fonte primaria di ispirazione. Un mondo ristretto e surreale che tuttavia funziona, una sorta di utopia compiuta, un nido del cuculo raggiunto e mai più abbandonato, a costo di chiudere tutto il resto fuori. Un mondo perfetto che diventa fragilissimo nel momento in cui si scontra con la realtà, incarnata dal giovane musicista sfigato (Domhnall Gleeson, figlio di Brendan, sempre più in ascesa), assoldato in quattro e quattr'otto per una sostituzione, che si convince del talento e dell'originalità del curioso frontman e parimenti si convince che quello che manca alla band sia il successo. Mentre il vero successo è restare vivi. Presentato in anteprima all'ultimo Biografilm Festival di Bologna, molto liberamente ispirato a Frank Sidebottom, alter ego del comico/musicista Chris Sievey che entrava in scena con una maschera del tutto simile a quella del film, l'ultimo lavoro del regista irlandese Lenny Abrahamson si inserisce in un percorso autoriale che attraverso il racconto di personaggi borderline (come anche i precedenti Adam & Paul e Garage) si pone di gettare uno sguardo oltre i pregiudizi che causano le apparenze. Frank diventa così un inno alla marginalità, alla dignità di chi è capace di compiere scelte controcorrente che non ambiscono ad approvazioni e consensi generalizzati. Un'opera scanzonata nei toni ma che con leggerezza affronta tematiche dal peso specifico notevole, che si interroga sulla realizzazione di sé, sulla ricerca della felicità, sullo sforzo di raggiungere quel precario equilibrio che è il vivere quotidiano, su cosa sia il successo e che valore ricopra, su cosa siano la sanità e la pazzia e sia necessario individuare il limite che separa l'una dall'altra quando in gioco c'è la complicata lotta per l'esistenza. Un'opera che parla dell'imponderabile, di una zona grigia difficile da delimitare, un'opera che può apparire a tratti zoppicante, a tratti criptica, forse non totalmente compiuta ma che crediamo contenga dentro di sé il dono della poesia: puoi anche fare la parafrasi ma la musicale bellezza dei versi rimane un mistero. A Micheal Fassbender bastano 10 minuti finali senza la maschera per marchiare la pellicola e confermarsi uno dei più eccezionali interpreti in circolazione. (La recensione del film "Frank" è di Mirko Nottoli)
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