La recensione del film Foxcatcher

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FOXCATCHER - RECENSIONE

Foxcatcher recensione
Recensione

di A. Bizzotto
[Foxcatcher recensione] - Le volpi fanno capolino in ogni angolo. Ma prive di vita. Statue di pietra che sorvegliano l'ingresso di una magione che nemmeno la Casa Bianca. Gelide suppellettili in toilette di lusso. E quando si muovono, sono affidate alle immagini in bianco e nero di un incipit che documenta cacce trascorse, passatempo di una nobiltà che fu europea, della cui fortuna John du Pont è l'erede. Frustrato, schiacciato da una latente inadeguatezza che affonda le radici nella disapprovazione di un'anziana e gelida madre e in una passione soggiogante per la lotta libera. Sulle reali vicende che legarono du Pont (nel film Steve Carell) ai due fratelli Mark (Channing Tatum) e Dave Schultz (Mark Ruffalo), entrambi campioni di freestyle wrestling alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984, è basato Foxcatcher - Una storia americana, terza prova alla regia di Bennett Miller (dopo Truman Capote - A sangue freddo e L'arte di vincere). Lucido affresco che distrugge i sogni di gloria made in USA, il film racconta la mania del milionario nel voler allenare una squadra nazionale di lotta libera. Impresa che realizzò (letteralmente) comprandola, sostituendo il denaro al talento: la palestra da sogno nella sua tenuta, le donazioni a USA Wrestling, le lusinghe di gloria con cui attirò Mark Schultz. Chiamò la squadra Foxcatcher, appunto, ma più che un cacciatore di volpi (nella testa di du Pont, i suoi wrestler avrebbero dato la caccia all'oro delle medaglie così come i suoi antenati alle volpi) il milionario è ritratto come un macellatore di manzi, i lottatori di cui fa a pezzi volontà, sogni, libertà, trasformandosi da filantropo in padrone bizzoso. Attraverso una regia di calibrata freddezza, che dosa le inquadrature facendone pesare la plumbea fissità, Bennett Miller s'insinua con acume sorprendentemente misurato dentro le pieghe del ginepraio di ossessione, invidia e ambizione che strangolò gli Schultz nell'inferno di Foxcatcher. Se la fragile ingenuità di Mark lo portò a farsi abbagliare dal luccichio delle speranze che du Pont gli accendeva con larghezza, per poi sentirsene soffocato al limite del controllabile, furono la superiorità mentale (non solo sportiva) e il sano distacco del maggiore Dave, vero stratega di stoffa agonistica, a far esplodere con conseguenze tragiche il sordo senso d'inferiorità di du Pont. Prendendosi qualche licenza storica, Miller costruisce un film teso e angoscioso che sa mette a fuoco tanto il malato intrico di conflitti personali quanto l'inflessibile rigore della disciplina sportiva (da antologia le inquadrature secche del primo allenamento di Dave e Mark), senza rinunciare alla componente più vera, umana, che accanto ai deliri di un insoddisfatto du Pont sa mostrare l'amore genuino di Dave per i figli e per il fratello. Ma in tanta opprimente durezza, Foxcatcher riesce a dribblare le trappole del determinismo, rifiutando le scorciatoie di spiegazioni facili e dei rapporti causa-effetto. Miller gira restando fedele a un virtuoso realismo che non scioglie i dubbi: le implicazioni omosessuali del rapporto fra du Pont e i wrestler restano suggerimenti che uno spettatore non onnisciente può limitarsi a dedurre, mentre la temuta mediocrità di cui Mark si sentì vittima, in confronto all'etica talentuosa di Dave, serpeggia per tutto il film senza diventarne enfatico leit-motiv. E a sorprendere, in tanto forte e dosato equilibrio, è soprattutto come l'andamento narrativo sappia mantenersi serrato senza dare l'impressione di farlo, in un procedere che è lento solo in apparenza e che non concede pause. Di grande aiuto la livida fotografia di Greig Fraser, la cui luce fredda dona a Foxcatcher la giusta, finta parvenza meditativa di stampo simil-documentaristico. Gara di bravura fra un mimetico Steve Carell e un Mark Ruffalo che gioca di sottrazione, entrambi straordinari e candidati sia all'Oscar che al Golden Globe, al BAFTA e allo Screen Actors Guild Award. Efficacissimo il cameo di Vanessa Redgrave nei panni dell'anziana signora du Pont. Per la regia, Bennett Miller è stato premiato a Cannes e candidato all'Oscar. Altre due nomination per la sceneggiatura originale, scritta a quattro mani da E. Max Frye e Dan Futterman, e per il make-up. (La recensione del film "Foxcatcher" è di Alessandro Bizzotto)
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