La recensione del film Forrest Gump

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FORREST GUMP - RECENSIONE

Forrest Gump recensione
Recensione

di G. Mariani
[Maternal recensione] - (Da non perdere su Netflix) È il 1981 e sulle note della delicata suite del compositore statunitense Alan Silvestri, una piuma bianca volteggia leggiadra nel cielo di Savannah (Stati Uniti), posandosi accanto a un paio di scarpe bianche da ginnastica imbrattate di fango: inizia così "Forrest Gump", il film del 1994 diretto da Robert Zemeckis ("Ritorno al futuro", "La morte ti fa bella", "Cast away") e liberamente ispirato all'omonimo romanzo del 1986 dello scrittore statunitense Winston Groom. Le scarpe appartengono a Forrest Gump (Tom Hanks), un uomo di mezza età dotato di uno sviluppo cognitivo inferiore rispetto alla norma, che siede imperterrito su una panchina di legno e racconta la sua storia agli avventori che gli si accomodano accanto. "Vuole un cioccolatino?» esordisce, mostrando una scatola piena di dolciumi alla prima ascoltatrice che si accomoda sulla panchina accanto a lui. "Mamma diceva sempre: la vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita" continua, pronunciando quella che è rimasta, a tutti gli effetti, una frase slogan del film. E Forrest sa bene quanto questa espressione che gli ripeteva sempre la madre sia vera, perché nella sua vita ne ha viste davvero di tutti i colori. La pellicola di Zemeckis, infatti, è un flusso di episodi che spazia su circa trent'anni di storia degli Stati Uniti d'America, tracciandone – attraverso l'espediente narrativo del flashback – i momenti salienti: la Guerra del Vietnam, la presidenza di John F. Kennedy, l'ascesa e il declino di Elvis Presley e di John Lennon, la nascita del movimento hippie, le lotte per i diritti dei neri d'America. Grazie alle tecniche della cinematografia digitale dell'azienda Industrial Light & Magic, Tom Hanks poté interagire in numerosi filmati storici di repertorio, fino a stringere "realmente" la mano ai veri John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon, o a prendere parte a un'intervista del 1971 insieme a John Lennon. Il critico statunitense Roger Ebert, riferendosi a queste scene che cambiano – nel vero senso della parola – il corso della storia, definì la pellicola "un film magico". Dal canto suo, Forrest è – almeno in un primo momento - un osservatore inerme di quanto gli accade intorno, finché non si ritrova a essere parte attiva dell'imminente cambiamento storico e sociale del suo paese, nonché testimone di quanto una disabilità intellettiva non possa competere con una salda determinazione. La storia di un grande paese come gli Stati uniti, dunque, con tutte le sue contraddizioni e le sue peculiarità, ma, soprattutto, la vita di un uomo comune che, per contingenti motivi legati a un fato talvolta incomprensibile, come dichiara lo stesso Forrest – "Non lo so se abbiamo ognuno il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come da una brezza… ma io credo, può darsi le due cose, forse le due cose capitano nello stesso momento" – si ritrova a vivere una vita che tanto comune, di fatto, non è. Ed ecco che la piuma bianca e la melodiosa suite tornano nuovamente, stavolta nella scena finale, quasi a voler sottolineare quella dottrina filosofica del "panta rei", secondo cui nulla è immutabile, ma tutto scorre e si evolve. Sarà, dunque, per il cast stellare che annovera – tra gli altri – attori del calibro di Robin Wright, Gary Sinise e Sally Field, sarà per l'indimenticabile e nostalgica colonna sonora diretta da Alan Silvestri e per gli straordinari effetti speciali di Ken Ralston, fatto sta che Forrest Gump è entrato di diritto nell'olimpo dei film più belli della storia del cinema mondiale, nonché nella lista dei migliori film premiati con la statuetta dorata del Premio Oscar, ottenuta nel 1995 in ben sei categorie (miglior film, migliore regia, migliore attore protagonista a Tom Hanks, migliore sceneggiatura, migliore montaggio e migliori effetti speciali). (La recensione del film "Forrest Gump" è di Giulia Mariani)
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