La recensione del film Femen

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FEMEN - RECENSIONE

Femen recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Femen recensione] - L'Ucraina non è un bordello. Questo dicono le Femen, le bionde e belle femministe in topless che dal 2008, grazie alle loro azioni tanto elementari quanto eclatanti, si sono imposte all'attenzione pubblica di tutto il mondo. Ma chi sono davvero le Femen? A questo interrogativo risponde il documentario firmato da Kitty Green, Femen – Ukraine is not a brothel, film evento del Biografilm Festival 2014, capace di gettare una luce alquanto sconcertante sulla vera identità del movimento. Come ci rimarreste infatti se vi dicessero che dietro un gruppo di giovani rivoluzionarie che si uniscono per combattere lo sfruttamento della donna e del corpo della donna in una società fortemente retrograda e maschilista, pervasa da una cultura conservatrice, oppressiva e oscurantista, al punto da attirarsi non solo le ire del potere ma anche l'incomprensione di ampie fette della popolazione che invece di sostenerle, grida loro "puttane!", come ci rimarreste se vi dicessero che non è un movimento politico spontaneo ma che dietro si nasconde un disegno studiato a tavolino da un uomo dagli intenti non proprio candidi? Un gran manovratore che intuisce le potenzialità dell'operazione, istruisce le ragazze, pianifica i blitz e sfrutta a suo favore i diritti delle immagine che ne ricava? Che le ragazze lungi dal possedere una salda coscienza politica sembrano più interessate alla propria vanità personale? Se un merito ce l'ha, Femen, è quello di non offrire soluzioni scontante. Quando già ci si attendeva la solita celebrazione di chi lotta a favore dei diritti delle minoranze, lentamente si fa strada una verità ben più scomoda e non in preventivo. Purtroppo però la Green appare più volte incerta su che taglio dare alla sua opera, divisa tra il dichiararsi partecipe nei confronti delle intenzioni, quantomeno, delle ragazze, non si capisce fino a che punto ingenue o in buona fede, e l'atto d'accusa nei confronti di chi le sfrutta, portando a suo vantaggio un sacco di motivazioni fumose. Di certo questo secondo aspetto si fa, via via, predominante ma se atto d'accusa deve essere allora questo è un atto assai debole che difetta di forza e di mordente, soprattutto se messo di fronte alla realtà che svela. Gli stessi intenti che muovono il famigerato Viktor, che vediamo apparire per la prima volta con una maschera da coniglio alla Donnie Darko, restano enigmatici. Idem per il giudizio sulle Femen: sono vittime e pertanto da assolvere o sono delle ipocrite opportuniste e quindi da condannare? E lo Stato Ucraino in tutto questo che ruolo gioca? Anche dal punto di vista prettamente cinematografico il film non offre espedienti narrativi di rilievo, risolvendosi in una sequenza di interviste senza un apparente sviluppo lineare, senza un discorso argomentativo o una costruzione dialettica sul modello tesi/antitesi/sintesi (pensiamo a cosa ne avrebbe fatto Michael Moore di un materiale come questo), tuttavia quello che davvero sfugge è il senso di un'opera che come una zappa sui piedi sembra contravvenire a se stessa, potenzialmente esplosiva ma che rimane invece incomprensibilmente timida. Da vedere comunque insieme a Pussy Riot – A punk prayer e a The punk singer, in un ideale trittico sul neo-femminismo contemporaneo. (La recensione del film "Femen" è di Mirko Nottoli)
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