La recensione del film Felice chi è diverso

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FELICE CHI E' DIVERSO - RECENSIONE

Felice chi è diverso recensione
Recensione

di Giuseppe Sciarra
[Felice chi è diverso recensione] - E' assai discutibile affermare che un regista parli di sé in un documentario in cui sono altri a raccontarsi con le loro storie e non il sottoscritto. In questo caso, persone di una certa età ( eccetto il giovane del finale) di estrazione geografica e sociale tra le più disparate, lontane anni luce le une dalle altre per cultura e sensibilità. Eppure dopo aver visto "Felice chi è diverso", la nuova fatica di Gianni Amelio, abbiamo la presunzione e la follia di dire che un documentario autobiografico, in cui il cineasta italiano parla della sua storia di omosessuale, che è la storia di tanti omosessuali della sua generazione e non. Un'autobiografia individuale e collettiva, rivoluzionaria e atipica per l'inoffensivo panorama cinematografico italiano. Un film politico e apolitico allo stesso tempo, sui sentimenti, la frustrazione, la gioia, il desiderio, le aspirazioni di persone che hanno ritrovato ( o meglio conquistato) se stesse senza grandi difficoltà oppure dopo un tortuoso percorso, riuscendo in certi casi ad avere una vita affettiva o pagando in altri lo scotto della propria diversità ( ad esempio col manicomio o l'emarginazione). Storie di persone comuni (ma non comuni" come dice il verso della poesia di Sandro Penna) e personaggi pubblici, che vengono messi alla stessa stregua, senza didascalie; a dimostrazione che le vicende umane dei singoli sono le sole e uniche protagoniste, nessuna è più importante dell'altra. I racconti, tutti diversi gli uni dagli altri, toccano argomenti comuni come l'omo affettività (ancora oggi un tabù per l'opinione pubblica, affrancata all'idea che una persona omosessuale sia necessariamente promiscua) o la difficoltà ad accettarsi e ad accettare un'Italia apertamente o velatamente omofoba; emblematico il primo racconto di un anziano che ricorda la sua adolescenza di ragazzo gay durante il ventennio fascista, non trattenendo le lacrime e la rabbia. Ritroviamo inoltre vicende note come quella del poeta Pier Paolo Pasolini, perseguitato per anni dai media per il suo orientamento sessuale oppure del cantautore Umberto Bindi, che nello spezzone di un'intervista denuncia l'ambiente dello spettacolo per averlo ostacolato nella sua carriera a causa della sua omosessualità manifesta. Gianni Amelio dichiara guerra agli stereotipi omosessuali, alternando alle sue splendide storie, le immagini con cui media hanno mostrato l'omosessualità fino agli anni 80 contribuendo a determinare un immaginario collettivo becero e violento sul mondo gay (inquietanti ad esempio certe vignette sarcastiche sull'omosessualità o un documentario sui ragazzi di vita della Roma anni 70, apertamente razzista). Tracciando un quadro di ciò che è stata l'omosessualità fino ad oggi e di ciò che potrebbe diventare, il regista calabrese ha creato un documentario magnifico, appassionato, di rottura con l'idea di omosessualità non solo che passa dai media ma anche da certe associazioni gay, dichiarando la sua personale lotta ai pregiudizi sessuali. Gli stereotipi sono duri a morire e la battaglia di liberazione sessuale, quella gridata e in parte combattuta negli anni 70 dalle femministe e dal nascente movimento omosessuale, non è stata ancora realmente affrontata ( il documentario di Amelio ci dice che questo è il momento giusto per farlo). (La recensione del film "Felice chi è diverso" è di Giuseppe Sciarra)
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