La recensione del film Fedele alla linea

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FEDELE ALLA LINEA - RECENSIONE

Fedele alla linea recensione
Recensione

di Elisa Lorenzini
[Fedele alla linea recensione] - L'uomo e l'artista. La riflessione e l'istinto. Il cattolicesimo e il comunismo. E' una vita di dualismi, quella di Giovanni Lindo Ferretti. Così complessa che il documentario di Germano Miccioni, nato con l'intento di raccontare l'ultima avventura del cantautore emiliano, il teatro equestre, si è piegato al fascino di un cursus honorum denso di conflitti e di spunti narrativi e ha finito per diventare una biografia autorizzata dell'indimenticato leader dei CCCP. Dagli anni dell'impegno politico tout court, degli slogan introiettati fino all'identificazione, dei concerti gremiti di fedelissimi alla linea, alla maturità sofferta, incalzata dalla malattia, arricchita dai dubbi sulla rocciosità dell'ideale. Ferretti parla con naturalezza dei suoi trascorsi e dei suoi sviluppi, non rinnega gli eccessi di gioventù, la fede di partito, il fanatismo ideologico. Allo stesso modo, non disconosce la malattia, anzi la eleva a maestra di vita: è attraverso i vari stadi del dolore e del disagio che si è compiuta la trasformazione dell'uomo e del poeta Ferretti, la complicazione del suo io più profondo, la scelta di tornare, in anni recenti, ai paesaggi e alle tradizioni della sua terra d'origine. La regia di Miccioni è sobria e rifugge i toni apologetici. Ad essere inquadrato è il vissuto di un uomo comune che ha avuto una vita non comune: l'ennesimo binomio, che la macchina da presa riesce a rendere scegliendo un montaggio semplice, narrativo, per nulla sensazionalistico. Le sottolineature musicali, piazzate senza seguire un preciso ordine temporale, spaziano dalle invettive rabbiose dei primi CCCP agli assoli sussurrati del Ferretti "convertito" e marcano l'evoluzione del personaggio, rivelando ai neofiti e ai diffidenti lo spessore di una musica troppo a lungo ghettizzata e ridotta a chiasso propagandistico. Lo stesso Ferretti ha parlato di controversie con il regista circa l'impostazione del lavoro, ma il risultato finale premia la capacità di ricomporre contraddizioni e giri di vite in un racconto pacifico, sereno, ispirato. Fedele alla linea è un bel prodotto, che mescola il documentario al memoir, il flusso di coscienza al reportage musicale: una sinfonia di generi che suona bene, per dirla come l'ultimo degli umili, come il fiero Battagliero. (La recensione del film "Fedele alla linea" è di Elisa Lorenzini)
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