La recensione del film Era d'estate

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ERA D'ESTATE - RECENSIONE

Era d'estate recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Era d'estate recensione] - In uno dei posti più sperduti e più belli del mondo, nell'estate del 1985, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino si ritrovarono a preparare il famoso maxiprocesso che si sarebbe svolto da lì a pochi mesi nell'aula bunker costruita per l'occasione nel carcere dell'Ucciardone di Palermo. Il maxiprocesso, come venne definito dai media, per crimini di mafia, durò dal febbraio del 1986 al gennaio del 1992, vide imputate 475 persone con circa 200 avvocati, si concluse con 19 ergastoli e pene per 2665 anni di reclusione e rimane a tuttora il più grande processo penale mai celebrato sulla faccia della Terra. Questo stavano preparando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, soli, abbandonati, deportati in gran segreto con le loro famiglie, per motivi di sicurezza, nella foresteria del carcere dell'Asinara. Era d'estate. Era il 1985. Oggi il carcere è chiuso e l'Asinara è una magnifica oasi naturale che si può visitare, attraverso un tour guidato che consigliamo a tutti di fare. Quando si passa per Cala d'Oliva non si può non avvertire un brivido lungo la schiena nel vedere l'abitazione dove soggiornarono i due magistrati. Chissà se dentro di loro immaginavano, davvero, cosa li attendeva. Era d'estate, di Fiorella Infascelli, che all'Asinara aveva già girato il documentario Pugni chiusi, ricostruisce negli stessi luoghi quel momento drammatico e tragico, ma al tempo stesso incantato e magico, un momento che, al clamore che sarà poi, contrappone la quiete di una bolla sospesa oltre il tempo e lo spazio che sarà per Falcone (Massimo Popolizio) e Borsellino (Beppe Fiorello), nonostante i timori, le illazioni, i sospetti, i faldoni che non arrivavano e uno Stato latitante, un'inaspettata occasione per ritrovare se stessi. Il rischio con Beppe Fiorello è sempre l'effetto fiction di rai 1 (e nemmeno per colpa sua) che viene però evitato dalla sobrietà del racconto, rarefatto da sfiorare il minimalismo (tutto il film non si stacca mai dalle 4 mura di casa e procede tra una nuotata, una cena, due chiacchiere di sera fumando una sigaretta), se non intervenisse il senno di poi, presenza assenza inevitabile e incombente, a riempire i vuoti, a colmare le pause, a dar significato ad ogni silenzio, a far esplodere per contrasto la dimensione intima e umana su cui si concentra la lente della macchina da presa. Unica nota stonata i tuoni nel finale, simbologia scontata a sottolineare senza motivo le nubi che si stanno addensando all'orizzonte. Il resto è tragicamente noto. Ne sarà valsa la pena? Ovvio che ne è valsa la pena. Qui si fa l'Italia o si muore. Qui si fa l'Italia e si muore. (La recensione del film "Era d'estate" è di Mirko Nottoli)
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