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Ender's Game recensione] - La fantascienza da sempre, sia nella letteratura che al cinema, è un genere che si predispone alla perfezione per parlare velatamente, da un punto di vista privilegiato se vogliamo, della società del presente e delle sue possibili degenerazioni. Ender's Game ne è l'ennesima dimostrazione. Sponsorizzato come "Star Wars incontra Harry Potter", dopo l'anteprima siamo certi di poter dire che questo film sfortunatamente non è né l'uno né l'altro. Le saghe su citate infatti sono costruite su universi fantastici ben congegnati; mondi che attirano lo spettatore che vorrebbe a tutti i costi farne parte – pensiamo al merchandaising, ai cosplay, agli appassionati babbani, ai parchi divertimento a tema. Il tutto basato su personaggi affascinanti, umani che si trovano sì in situazioni al di fuori della realtà, ma pur sempre parte di un immaginario ben radicato nell'uomo: chi non ha mai sognato di guidare un'astronave o di avere una bacchetta? Ender's Game, film tra fantascienza e teen movie, riesce addirittura a discostarsi da un'altra saga di successo contemporanea con cui ha alcuni elementi in comune: Hunger Games. Il problema di fondo è uno: la storia ha per perno proprio un ragazzino, Ender, particolarmente brillante e intelligente quanto freddo e spietato. Proprio per queste sue doti, Ender riesce a distinguersi tra i suoi compagni, in una società di adulti che cercano di insegnare ai ragazzi la violenza. Tutto questo perché, anni prima, questo mondo fu colpito da una specie aliena pronta ad attaccarli di nuovo. L'unica speranza sono proprio i più giovani, più facili da plasmare e da educare alla guerra. E' proprio Ender – nella trasposizione cinematografica, quanto meno – ad essere il problema. Questo ragazzino è l'apoteosi della freddezza e dell'apatia e, quando compie atti violenti, non adeguati a un ragazzino della sua età, piuttosto che restarne scandalizzati o sorpresi, si tende all'indifferenza. In Hunger Games, ad esempio, la violenza di alcuni personaggi è fortemente sentita e shockante perché la visione è mediata da un personaggio che usa la violenza come arma di difesa e per costrizione, non perché ne provi godimento. E, in questo noi ci riconosciamo. Ender è il risultato di anni di educazione, laddove la violenza e il sadismo dei ragazzi viene premiato. Nonostante nel film si cerchi di riproporre Enders dei panni del ragazzino indifeso che deve difendersi dai bulli della situazione, il protagonista è fondamentalmente spietato. Lo spettatore non percepisce quasi mai una sensazione di pericolo e da qui deriva una mancanza di suspance e di identificazione. D'altra parte, nel corso della storia quest'evoluzione di violenza non viene approfondita particolarmente: spiegando infatti i perché della cattiveria di un personaggio, psicologicamente si verrebbe a creare ugualmente una sorta di legame. Ender, invece, è piatto – nonostante la buona prova di Asa Butterfield, decisamente adeguato nel ruolo dello spietato gelido con faccia d'angioletto – così come il personaggio interpretato da Harrison Ford, rappresentate di questi adulti "spregevoli", ed educatore di questi bambini super-dotati. Il film scorre inevitabilmente molto lento e indugia praticamente tutto il tempo sulla crescita di questo esercito di ragazzini; ma piuttosto che appassionarci con le trovate tecnologiche che storie del genere richiedono, il tutto ci viene raccontato in maniera asciutta, poco approfondita, poco avvincente. Il risultato è decisamente noioso e poco convincente.
(la recensione del film
Ender's Game è di
Francesca Casella)
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