La recensione del film Elysium

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ELYSIUM - RECENSIONE

Elysium recensione
Recensione

di Elisa Lorenzini
[Elysium recensione] - La parola chiave per inquadrare pregi e difetti di Elysium e per capire le differenze con District9, l'esordio dorato di Neill Blomkamp, è una: kolossal. Sopra il reticolo di sottotesti politici, prima della denuncia sociale e della verità storico-geografica, Elysium è un kolossal: un'architettura sensoriale imponente, pensata per avvolgere lo spettatore in una suggestione totale, degna della migliore tradizione blockbuster. La terminologia commerciale, forse, non sarebbe gradita al regista: reduce dagli allori ricevuti per District9, il suo primo esperimento con la fantascienza "engaged" dai forti risvolti moralistici, il sudafricano Blomkamp mirava, con Elysium, ad allungare la gettata delle sue visioni futuristiche, battezzandole ad Hollywood con Matt Damon a fare da padrino. L'impresa è riuscita a metà: la spettacolarità dell'ambientazione e la forza d'urto della dicotomia sociale che sorregge la trama di Elysium risultano amplificate dalla confezione hollywoodiana. D'altra parte, la schiettezza del messaggio educativo che questo fantasy distopico tutto slogan e azione voleva trasmettere, finisce schiacciato dalla grandiosità della scenografia e degli effetti speciali. Testa rasata, abbrutito da innesti robotici e dal ruolo di portavoce di un'umanità sofferente, il protagonista Demon è Max, un terrestre del 2154 mescolato a una plebaglia di suoi simili alienati dalla povertà e dal rancore e sorvegliati da squadre di robot. Contraltare della misera Terra è la stazione orbitante Elysium, bolla idilliaca in cui la vita è facile, salutare e tecnologicamente avanzata. Quando un incidente espone Max a una quantità letale di radiazioni, l'uomo sfida la difesa di Elysium e la trama di leggi razziali che regola i rapporti tra i due mondi per catapultarsi sulla stazione e farsi curare. Il suo tentativo non è soltanto il gesto estremo di un moribondo, ma la rivalsa di una casta di oppressi nei confronti dei propri aguzzini: e scatena ovviamente un concerto di azioni subdole e violente, diabolicamente orchestrato dal Segretario di Elysium Delacourt (Jodie Foster). Ispirato da un visione potente ed efficace, Blomkamp disegna con abilità i contrasti tra la dimensione afflitta e succube di una Terra postatomica e la tour d'ivoire di Elysium, proiezione dell'eterna distanza tra i due poli (geografici ed economici) dell'umanità. La Los Angeles in cui brancolano gli operai-galeotti del futuro è un crocevia di culture imploso nella sua melassa di contraddizioni, affogato da squilibri demografici, tensioni irrisolte e politiche disoneste. Di contro, Elysium è la versione futuristica dell'Eden occidentale, un luogo franco in cui si avverano tutte le pretese di onnipotenza e di benessere assoluto coltivate dalle élite. Il gap tra le due facce della realtà è ben dipinto dalla mano prolissa e immaginifica del regista, che ricama sui particolari quanto basta per far sembrare plausibile il suo scenario. Peccato poi che il climax della trama, la carambola di eventi che vede contrapporsi nettamente due fette di umanità, si ingarbugli fino al parossismo, sacrificando la riflessione descrittiva a una più convenzionale battaglia tra fazioni. Chiedere a un film di avventura di rinunciare all'avventura significherebbe snaturarlo. Quello che appare sovrabbondante, in Elysium, è l'accumulo di fatti: troppi e troppo concitati, per uno script già impegnativo in partenza. Di fronte a una materia così esplosiva, densa di substrati morali e di novità scenografiche, la corsa continua al colpo di scena è superflua e a tratti stancante. (La recensione del film "Elysium" è di Elisa Lorenzini)
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