di T. Di Pierro
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E' stata la mano di Dio recensione] - Napoli, Maradona, un sogno che si avvera; l'adolescenza complicata, la felicità familiare, il nido che coinvolge mille emozioni e sofferenze. La realtà, la fantasia, un sogno che insegna a ricordare il dolore e a superarlo. È stata la mano di Dio, ultima fatica di Paolo Sorrentino, vincitore del Leone d'argento - Gran premio della giuria al Festival di Venezia 2021, è l'incarnazione di tutto questo bene e di tutto questo male, manifestazione di un vissuto che si fa reale agli occhi della gente, una pena che diventa argomento e coinvolge tutti, da che era intimo di una coscienza sola. Siamo nella Napoli degli anni ottanta, una città in fermento per l'arrivo del calciatore Diego Armando Maradona. Fabietto Schisa è alle prese con l'essere adolescente, un compito arduo per ognuno, ma che sembra più facile se si è sostenuti dall'affetto del proprio nucleo familiare: un fratello, i cugini, un gran numero di zii, ma soprattutto una madre e un padre amorevoli. Tra pranzi sul golfo di Napoli, scherzi e partite di calcio il mondo sembra essersi fermato in quell'attimo di felicità senza fine, fino a quando non giunge la tragedia inaspettata e allora il mondo di Fabietto si ferma e la realtà, indicandola con le parole di Fellini, diventa scadente. Sorrentino vuole raccontarsi così: tra amore, scherzi, affetto e famiglia, l'unica che abbia mai avuto, l'unica che abbia mai voluto. Napoli, l'immensità della sua storia che fa venire voglia di raccontare qualunque storia, Napoli come ribollente vissuto esistenziale, Napoli come libertà assoluta e speranza di futuro. Sorrentino ha superato sé stesso nel rappresentarla, nel rappresentarsi: nella regia, nel toccare le corde del cuore degli spettatori, nel farli ridere, nel farli appassionare alla Sua storia, al Suo passato, al Suo ricordo. Quello che abbiamo di fronte è un grandissimo capolavoro esistenziale, un capolavoro che regala gioia e tristezza, perché la vita è fatta di entrambe le cose e Sorrentino ci mostra il suo mondo in punta di piedi, in maniera delicata, quasi avesse paura di distruggere il ricordo che ha di esso, perché non vuole che si distrugga, ma che si mantenga intatto nella sua e nella nostra memoria. Questo si chiama condividere la propria storia, questo significa mettersi a nudo, questo è raccontare. Se La grande bellezza è il film più "teorico" di Sorrentino, È stata la mano di Dio è il più bello ed emotivo. Non solo teoria del suo cinema, ma momento intimo e personale del suo essere.
(La recensione del film "
E' stata la mano di Dio" è di
Tommaso Di Pierro)
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