di R. Baldassarre
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Dopo l'amore recensione] - Nel reclamizzare Dopo l'amore di Joaquim Lafosse, partendo dalla rivista glamour Variety, si tende a fare un parallelo con Kramer contro Kramer, pellicola di grosso successo e che fece incetta di Oscar (vinse ben sette Statuine). Questo parallelo, seppure ovvio per la similare tematica, è errato, e di molto. Ambedue parlano di un divorzio, mostrano il clima che si crea dopo una separazione, con prole nel mezzo, ma la pellicola di Robert Benton era un perfetto esempio (in termini commerciali) di opera che mostrava superficialmente i particolari e tesi momenti che scaturiscono dopo una separazione matrimoniale. Nel film con Dustin Hoffman e Meryl Streep si alternavano le lacrime con il sorriso, e negli interstizi c'era la riflessione, un'analisi sociologica d'accatto. In Dopo l'amore questo analizzare la situazione creatasi è ben diverso. Per entrare nell'atmosfera, nello stile registico e nella recitazione degli attori, è necessario partire dalle dichiarazioni di Lafosse, in cui cita un'altra pellicola come "fonte d'ispirazione" a livello di messa in scena. Il regista belga individua in Who's Afraid of Virginia Woolf di Mike Nichols uno degli spunti precisi per la costruzione, visiva e recitativa, del dramma presente in Dopo l'amore. Tornando con la memoria cinefila a quell'opera, tratta dall'omonima pièce teatrale di Edward Albee, si notano nitidamente i punti di contatto, e si comprende chiaramente l'intenzione finale di Lafosse, l'atmosfera nevrotica che voleva (ri)creare nella sua pellicola. L'économie du couple, il titolo originale, che evidenzia il tema economico al centro del dramma, è un kammerspiel cinematografico dai toni nervosi, tesi. Girato completamente nella casa, in particolare nel salone (solo le ultime due scene sono girate fuori, come ultimo senso di liberazione), è un dramma claustrofobico per i quattro personaggi "racchiusi"; ma diventa "soffocante" anche per gli spettatori, che si trovano gettati sin dall'inizio nel mezzo della tesa situazione familiare. Per dare ancor più profondità a questo irrequieto contesto, Lafosse utilizza una leggera (e leggiadra) variante della Steady-Cam (la Stab-One), che permette movimenti più fluidi e la creazione di piani sequenza riflettenti lo scorrere dei momenti/scontri tra i personaggi. Lo stare – forzatamente – al centro della vicenda, come ascoltatori e spettatori dei perenni scontri verbali di Marie e Boris, è nelle intenzioni di Lafosse quello di dare alla diversa platea (di sesso, di età, di ceto sociale e finanche di etnia) il giudizio finale. L'autore vuole che sia il pubblico a trarre delle conclusioni su chi ha ragione, perché Dopo l'amore vuole essere un trancio di vita, e l'obiettivo della macchina da presa quello di essere un Video Recorder che riprenda e registri i fatti. La trattazione dell'argomento diviene, quindi, fredda e levigata come la dichiarazione giuridica notificata dal giudice di pace nel finale della pellicola.
(La recensione del film "
Dopo l'amore" è di
Roberto Baldassarre)
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