di R. Gaudiano
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Dilili a Parigi recensione] - Parigi, fine ottocento, siamo in piena bella Époque. La città è in fermento per il fiorire di personalità illustri come pittori, poeti, medici e biologi ricercatori. E' anche un momento di sensibilizzazione e rivendicazioni dei Diritti delle Donne, momento in cui, guarda caso, nella splendida Parigi dell'epoca misteriosamente scompaiono bambine, rapite dai così detti "Maestri del Male". Per le strade ed i quartieri parigini, una bambina kanaka, Dilili, scorazza senza sosta trasportata dal triciclo del suo amico Orel. Dilili è una bambina meticcia, deliziosa nel suo abitino bianco tenuto in vita da una cintura di raso color giallo, arrivata a Parigi a fine ottocento come clandestina, sulla nave che ripotò in Francia, dalla Nuova Caledonia, la sua istitutrice anarchica Louise Michel. Dilili e Orel, un affascinante e premuroso facchino che conosce tutte le nicchie culturali ed artistiche della città, si mettono a caccia della banda di malfattori, ladri di gioielli e soprattutto di bambine. Michel Ocelot confeziona un racconto di raffinata fattura e sottile poesia, come sempre portando il cinema d'animazione fuori dai confini ristretti di un cinema di puro intrattenimento per bambini, con peculiari capacità artistiche ed espressive. "Dilili" è semplicemente arte cinematografica in un fluire di grazia espressa attraverso un'immaginazione che si concretizza nei dialoghi, nei colori, nei personaggi, nei luoghi e nei quadri emozionanti della bella Parigi ottocentesca. Ocelot ripropone anche qui un cinema straordinario di formazione, come è stato con "Kirikù e la strega cattiva" e "Azur e Asmar". Tra personaggi d'eccezione come Renoir, Rodin, Monet, Degas, Camille Claudel, Toulouse–Lautrec, i fratelli Lumière, Eiffel, Marie Curie, Sarah Bernhardt, Alphonse Mucha e tanti tanti altri, la piccola kanaka si imbatte soprattutto nelle donne che hanno fatto storia esercitando una considerevole influenza nella scienza e nell'arte in un paese, la Francia, dove erano tenute lontane dal potere. Ocelot affronta il delicato pregiudizio sul razzismo nella figura del burbero autista Lebeuf. Personaggio realistico, dalla mentalità chiusa che insulta stranieri e donne in generale, solo per rafforzare una certa sua insulsa sicurezza. E sarà proprio lui, il Lebeuf zoticone, che nel covo dei Maestri del Male prenderà coscienza del proprio insano pericoloso pregiudizio, diventando un uomo dignitoso nella difesa di donne e bambini. "Dilili" si delinea così, con ironica intelligenza, attraverso il filtro di un secolo a noi molto lontano, messaggio che rispecchia le debolezze ed i pericoli della nostra contemporaneità imbrigliati in un circuito culturale scellerato, in cui xenofobia, misoginia e terrorismo minacciano le sorti di un intero pianeta. La contrapposizione della deliziosa bambina mulatta, dal comportamento impeccabile e rispettoso verso chi incontra, protagonista di una favola spennellata dai luminosi e variopinti colori degli impressionisti, gioca con tutte le forme di rifiuto dell'epoca che escludevano i deboli, gli indifesi da ogni legge che legittimasse diritti civili e sociali. Ocelot questa volta inserisce il 3D nelle scenografie composte da fotografie di luoghi reali ed il risultato è semplicemente emozionante, come la rappresentazione dell'Opéra con il suo ingresso ricoperto d'oro, oppure la ricostruzione degli interni della casa di Sarah Bernhardt. Questo ultimo lavoro d'animazione firmato Michel Ocelot, è una fiaba scintillante di pura bellezza creativa, destinata sicuramente ad un pubblico squisitamente adolescenziale, ma senza alcun dubbio entusiasmante anche per un pubblico adulto.
(La recensione del film "
Dilili a Parigi" è di
Rosalinda Gaudiano)
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