di R. Gaudiano
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Demolition recensione] - Quando Davis (Jake Gyllenhaal) all'improvviso si rende conto che la macchina in cui lui e sua moglie Julia (Heater Lind) è colpita in pieno da un'altra vettura, è semplicemente terrorizzato. Ma quando, ormai in ospedale, la voce di Phil (Chris Cooper), padre di Julia, lo desta da un sonno incosciente e gli comunica che Julia è morta, Davis avverte come un colpo d'ascia spaccare in due il suo cuore. Julia è morta, e lui si è salvato, è vivo? L'improvvisa e dolorosa presa di coscienza lo annichilisce e spiazza la sua vita, vissuta fino ad allora seguendo regole che l'hanno sempre condizionato, anche nel rapporto con Julia. Davis avverte emozioni rancorose, frustranti, a cui cerca di dare un senso scrivendo una lettera per un banale reclamo ad una società di distributori automatici, lettera che assume quasi le caratteristiche di una confessione catartica sul vissuto della sua esistenza al limite della paranoia. Karen (Naomi Watts) responsabile del servizio assistenza clienti di quella società, colpita da quel reclamo-confessione contatta Davis. L'incontro tra Karen, giovane madre single con un figlio quindicenne, Chris (Judah Lewis), dalla personalità molto complessa, e Davis, apre ad una relazione triangolare in cui gli unici a dover fare i conti con un vissuto indotto in stereotipi e pregiudizi sono Davis e Karen, mentre l'adolescente Chris combatte con atteggiamenti provocatori ed esaltati per non adeguarsi a menzogne e rinunce. "Demolition", diretto da Jean-Marc Vallée e sceneggiato da Bryan Sipe è un sorprendente e ragguardevole approccio di cinema intimista con forti addentellati alla realtà sociale contemporanea figlia dell'arrivismo, a scapito di una dimensione reale della vita, rispettosa degli affetti e dei bisogni spontanei. Davis è vivo fisicamente, ma distrutto psicologicamente. Deve recuperare sé stesso, demolendo quella struttura effimera e falsa, involucro edulcorato, prigione dorata. Karen, deve spogliarsi da paure e pregiudizi ed accettare la vera natura di Chris. In bilico tra dramma ed indagine psicologica, il cineasta canadese ha saputo sviluppare un proprio discorso, non sempre lineare seguendo l'altalenante coscienza di Davis, con una storia percorsa da una critica morale forte ed inquietante, custodendola, scena dopo scena, nel bozzolo di un dramma interiore, a cui Vallée sa restituire quella rinascita alla vita, demolendo (in una esplicita metafora di distruzione di cose materiali), tra violenza e ribellione uno stato di cose cucite addosso da un sarto impostore. Davis, nell'approccio-confronto con Chris, percepisce la falla del suo annichilimento. La musica, sarà l'elemento che riuscirà a ridargli la forza di ascoltare sé stesso, di sottrarsi ad un immobilismo emozionale. "Demolition" si configura come opera di grande rigore formale e contenutistico, di sottile drammaticità psicologica, a cui la straordinaria recitazione di Jake Gyllenhaal conferisce una credibilità estremamente viva nella sua contraddittoria sofferenza. La grinta provocatoria, testarda e ostinata di Chris, un ragazzino, che non rinuncia ad essere sé stesso e comunica la sua forza vitale suonando la batteria, è la chiave che apre le porte all'universale conquista di sentimenti ed emozioni che gratificano e onorano le molteplici esistenze delle persone. Un intenso spaccato umano tout court che fa di "Demolition" un piccolo capolavoro di cinema introspettivo nella sapiente narrazione del recupero della sfera interiore dei principali protagonisti, mantenendo un'ottima esplicitazione formale. (di
Rosalinda Gaudiano)
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***] Distruggere per ricostruire e ricostruirsi: un tòpos di facile presa, visivamente forte, emotivamente coinvolgente, forse perché tutti – prima o poi – lo sperimentiamo. Dopo Dallas Buyers Club (2013) e Wild (2014) il regista canadese Jean-Marc Vallée torna al cinema con "Demolition – Amare e vivere", film che racconta il frantumarsi del mondo di Davis Mitchell (Jake Gyllenhaal), stella in ascesa della finanza, alla morte di sua moglie Julia. La perdita della donna scoperchia un vaso di Pandora fatto di sentimenti inespressi, inadeguatezza e incapacità di gestire non solo il lutto, ma i rapporti umani. Al punto, questo, da trasformare la lettera di reclamo scritta dal protagonista a una società di distributori automatici in un flusso di coscienza da confessionale. A raccoglierla non è un prete, ma Karen (Naomi Watts), responsabile del servizio di assistenza clienti, madre single di un adolescente più che problematico. Mossi da un'istintiva attrazione, in breve tempo i due si ritrovano legati a filo doppio, incapaci di tradurre le emozioni in qualcosa di più concreto. Come nei suoi precedenti film, anche in "Demolition – Amare e vivere" Vallée sottopone i suoi protagonisti a prove ed esperienze che li cambiano sotto ogni punto di vista: l'apice – si è visto – è raggiunto in "Dallas Buyers Club", dove la trasformazione di Ron Woodroof-Matthew McConaughey è estrema, sia dal punto di vista fisico che spirituale. Qui, come suggerisce il titolo, il cammino di (ri)scoperta di sé passa attraverso la demolizione di qualunque cosa circondi il protagonista. Davis fa a pezzi frigoriferi, smonta computer, scardina porte dei bagni, distrugge una casa, e ogni colpo di martello porta via una parte della sua vita, o almeno di quella che – fino a quel momento – ha chiamato tale. La vera chiave di volta, però, non è tanto Karen, quanto Chris (Judah Lewis), il figlio di quest'ultima. È nel rapporto con il quindicenne che si consuma la caduta e la rinascita dell'uomo, nell'instaurare il primo, vero legame onesto e sincero con un altro essere umano: di fronte a un ragazzino che combatte con la propria identità, Davis non può fare altro che abbassare le difese, lasciarsi colpire – e letteralmente, anche, sebbene protetto da un giubbotto antiproiettile – e mostrarsi per quello che è. Nel tratteggiare Chris, il regista sembra tornare alle atmosfere (e alla colonna sonora, ottima) di "C.R.A.Z.Y." (2005), commedia drammatica ambientata nel Quebéc degli anni Sessanta e Settanta: molto più "piccola", se vogliamo, rispetto alle pellicole successive, ma che porta in sé la tutti gli elementi cari a Vallée – la ricerca del proprio posto nel mondo, la caduta e la rinascita – senza troppi fronzoli. A voler trovare una pecca in "Demolition" c'è forse proprio l'uso eccessivo della "distruzione fisica", che da metafora intelligente finisce con il diventare un espediente fin troppo abusato, tenuto anche conto dell'ottima prova di Jake Gyllenhaal. Comunque, da vedere (e da recuperare "C.R.A.Z.Y.", nel caso ve lo foste perso).
(di
Giulia Mazza)
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