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Cose nostre malavita recensione] - Basandosi sul romanzo "Badfellas" di Tonino Benacquista, Luc Besson torna a lavorare in Francia ma con una produzione americana e un paio di nomi importanti a fare da garanti del suo atipico gangster movie. Saltano subito agli occhi i nomi di Martin Scorsese e Robert De Niro, le icone per eccellenza del genere: uno in qualità di produttore esecutivo e l'altro come attore protagonista. Ma Besson si tutela ulteriormente con un cast altisonante che comprende la sempre smagliante Michelle Pfeiffer, Tommy Lee Jones e i giovani Dianna Agron (una delle star della serie tv "Glee") e John Di Leo.
Nessuno della famiglia Blake è particolarmente felice di trasferirsi dall'America per andare a finire in un fin troppo quieto villaggio della Normandia, nord della Francia. Anche perché i Blake sono nella realtà la famiglia Manzoni del New Jersey, che è entrata nel programma di protezione testimoni dopo che il capofamiglia Fred (Robert De Niro) ha tradito i suoi ex colleghi mafiosi e cui non rimaneva quindi altra scelta per salvar la pelle. Così adesso Fred si spaccia per uno scrittore e la moglie Maggie (Michelle Pfeiffer) spia i vicini da dietro le tende di casa, mentre i figli vanno a scuola. Ma, poco alla volta, le vecchie abitudini dei Manzoni tornano a far capolino, mentre qualcuno della vecchia "famiglia" è già sulle loro tracce, desideroso di fargliela pagare,
Un interessante (seppur non certo nuovo) crossover tra commedia e noir; un cast di grido; una sceneggiatura basata su un romanzo di successo: cosa può compromettere la buona riuscita di un film con tutte le carte in regole per diventare un successo? Semplice, un regista svogliato e superficiale, ormai fossilizzatosi compiacentemente in una mediocrità tanto esiziale quanto prevedibile.
Più che rifarsi ai capolavori del genere gangster come "Quei bravi ragazzi" (film di Scorsese protagonista di un surreale scena di meta cinema in cui il personaggio interpretato da De Niro guarda divertito la pellicola con protagonisti Ray Liotta, Joe Pesci e…Bob De Niro!), "Cose nostre – Malavita" sembra guardare alle sue evoluzioni in chiave comica a la "Lo sbirro, il boss e la bionda" o "Terapie e pallottole" (curiosamente, ancora una volta, ambedue con De Niro protagonista). Ma il film di Besson rimane sospeso in un limbo di ambiguità e irrisolutezza, incapace di conciliare a dovere la componente farsesca con quella più prettamente drammatica.
Ne viene fuori così un ibrido innocuo, esilmente citazionista, adagiato nella propria natura derivativa, inerme e restio a qualsiasi sprizzo di originalità o di vitalità reinterpretativa.
Negli anni Besson si è dimostrato cineasta non certo refrattario al rischio e allo sperimentalismo: spesso fallendo clamorosamente, ma sempre pronto a mettersi in gioco e a battere strade inconsuete. In questo caso, invece, non c'è nemmeno la velleità dell'azzardo: tutto è appiattito e banalizzato in una medietà che non porta da nessuna parte, non conquista e non crea interesse. Restiamo quindi ad ammirare annoiati e poco partecipi le vicende di questa famiglia di malavitosi sotto stress e in costante pericolo di morte, ma non empatiziamo mai con loro, non scatta mai la scintilla dell'immedesimazione distaccata, della fascinazione attrattiva per il male e le sue derive (grottesche o tragiche) che del genere è componente primaria.
I centoundici minuti del film scorrono, quindi, lentissimi, stancamente, senza sussulti o trovate particolarmente brillanti (il sopracitato giochino in cui De Niro guarda De Niro sullo schermo è, per l'appunto, un gioco divertito ma abbastanza autoreferenziale) in grado di risollevare un prodotto irrimediabilmente povero di ambizioni e di sostanza. (La recensione del film "
Cose nostre malavita" è di
Marco Valerio)
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**] - È notte fonda, e su un'isolata strada della campagna francese una macchina avanza nell'oscurità. Al suo interno viaggia la famiglia Manzoni: Giovanni (Robert De Niro), Maggie (Michelle Pfeiffer), Belle (Dianna Agron) e Warren (John D'Leo) e il pastore tedesco Malavita. I cinque sono diretti in un tranquillo e isolato paesino della Normandia, ma la loro è tutt'altro che una normale vacanza: ad attenderli c'è l'agente Stansfield (Tommy Lee Jones), che ha inserito Giovanni e tutta la sua famiglia nel programma di protezione testimoni dell'FBI. I cinque, cane compreso, sono ricercati da una famigerata banda di criminali americani, poiché Giovanni, ex capo malavitoso, aveva denunciato qualche tempo prima i suoi vecchi compari mafiosi. La famiglia troverà non poche difficoltà nell'adattarsi, perché, a conti fatti, può un uomo che ha costruito la propria vita sulla violenza uscire da un tale circolo vizioso e riuscire a vivere una vita normale?
Tratto dal romanzo "Malavita" di Tonino Benacquista, "Cose Nostre" è diretto dal poliedrico Luc Besson, che, dopo l'esperimento biografico di "The Lady" sulla vita di Aung San Suu Kyi e le fantasticherie della saga di "Arthur e i Minimei" , regala al pubblico un piccolo capolavoro di sceneggiatura, firmata dal regista stesso assieme a Michael Caleo (che ha scritto, guarda caso, alcuni episodi della serie TV "I Soprano").
Il film è una commedia noir ritmata da dialoghi rapidi e concitati, colorati da un cinismo a volte quasi spietato, giocati per lo più sui luoghi comuni, dalla bontà dei formaggi francesi ai "barbecue parties" americani. Ci sono anche i problemi della quotidiana vita familiare: c'è la figlia adolescente al primo amore (interpretata da Dianna Agron, la Quinn di "Glee"), il ragazzino schernito a scuola dai bulli, la moglie un po' nevrotica intenta a conquistarsi il favore dei vicini con torte e barbecue. Peccato che la famiglia Manzoni non sia una famiglia normale, malgrado si sforzi di esserlo: succede così che Belle prende a pugni i ragazzi che provano a conquistarla, Warren si compra il favore dei bulli vendendo le soluzioni dei compiti in classe, Maggie dà fuoco a un negozio dopo aver ricevuto una critica sui cibi da lei comprati al supermarket. Esilarante, poi, la scena in cui Giovanni - De Niro, invitato al cineforum del paese, si ritrova a dover analizzare un film da lui stesso interpretato: "Quei bravi ragazzi" di Martin Scorsese (che è, guarda caso, produttore esecutivo del film).
La regia di Besson, qui meno ovattata che in altre pellicole, si dimostra estremamente esperta e attenta ai dettagli (a cominciare dai deliziosi primi piani con lento avvicinamento sui volti dei protagonisti), ed è incorniciata a dovere da un montaggio rapido e conciso. Eppure, il problema sorge proprio in conclusione: il climax si scioglie così rapidamente che è un attimo dimenticare la bellezza della sceneggiatura, sacrificata a favore di un finale sì concitato, ma in fin dei conti vuoto, che trascina inesorabilmente il film fuori dai binari. Il risultato complessivo è una storia che, a conti fatti, non riesce proprio a conquistare una forma concreta e rimane un discreto tentativo a metà tra la commedia, il gangster movie e il noir, non riuscendo a sfruttare appieno le ottime premesse da cui partiva.
(La recensione del film "
Cose nostre malavita" è di
David Di Benedetti)
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