La recensione del film Corri ragazzo corri

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CORRI RAGAZZO CORRI - RECENSIONE

Corri ragazzo corri recensione
Recensione

di Rosalinda Gaudiano
[Corri ragazzo corri recensione] - E' una storia vera, quella che il cineasta Pepe Danquart (vincitore di un Oscar per il miglior cortometraggio ottenuto nel 1994 con il film Schwarzfahrer) racconta nel suo ultimo lungometraggio "Corri ragazzo corri", tratto dal romanzo "Lauf Junge Lauf" di Uri Orlev. E' la storia di Jurek (Andrzej Tkacz), un bambino di appena nove anni, che riesce a fuggire, nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, dal ghetto di Varsavia, separandosi dall'intera famiglia, genitori e fratelli, per sfuggire a morte sicura per mano dei nazisti. Jurek diventa eroe di se stesso. Affronta la sua tragedia nella grande tragedia del mondo, che filtra attraverso i sentimenti impauriti ma risoluti di un bambino che con tenacia si aggrappa alla vita attraverso il viaggio della sopravvivenza. Percorre foreste ora attraversate da lame di luce solare, ora innevate, fredde e sinistre. Chiede ospitalità, battendo le piccole mani sugli usci di case con camini fumanti. A volte riceve consensi, a volte le porte gli vengono chiuse in faccia senza una risposta. Si ciba con risorse di fortuna, spesso rubacchiando in fattorie che incontra lungo il cammino, durato ben tre anni. I demoni della guerra pur fedeli al continuo presagio di tragedia umana, non riescono a privare questo ragazzino ebreo della sua forza interiore, pur costringendolo a ridefinire la propria identità per nascondere quella reale. L'Olocausto è stata una grande ed insanabile tragedia umana. Pepe Danquart sa raccontare questa tragedia attraverso una storia dal taglio sapientemente avventuroso rispettando il conflitto interiore di un bambino di nove anni, che si improvvisa, per sopravvivere, orfano cattolico polacco, impara a fare il segno della croce prima di mangiare e porta al collo una catenina con la croce del Cristo. Impara nuovi "riti", Jurek, dimenticando i rituali della sua cultura ebraica, momenti comunitari di forte valenza simbolica ed affettiva. Le ultime parole di suo padre sono decisive per dargli forza e coraggio: " Srulik, non c'è tempo. Non devi dimenticare quello che sto per dirti. Devi restare vivo! Trova qualcuno che possa insegnarti come comportarti in mezzo ai cristiani, come fanno il segno della croce e come pregano, e… cosa più importante, Srulik, dimentica il tuo nome…d'ora in poi il tuo nome è Jurek Staniak…se dimenticherai tutto, persino i tuoi genitori, non dimenticare però, mai, che sei ebreo". E fu davvero questa la storia di Yoram Friedman, lo Jurek-Srulik del romanzo di Uri Orlev, che Danquart racconta con una giusta intensità emotiva, senza mai sconfinare nel sentimentalismo mieloso e scontato. Un film corale, "Corri ragazzo corri" racconta anche la generosità e la solidarietà di gente semplice che con coraggio aiuta il piccolo fuggitivo a marciare verso la conquista della libertà. Gli ottimi tempi scenici rendono egregiamente giustizia alla sceneggiatura di Heinrich Hadding, mentre la fotografia di Daniel Gottschalk conquista per la lucidità e chiarezza di un paesaggio attraversato dal delirio di una guerra e dal cuore palpitante di un ragazzino, incoscientemente coraggioso, che marcia deciso per conquistarsi un futuro. L'epilogo ci premia. Il vero Yoram Friedman, oggi 79enne, chiude la storia, vittorioso, insieme a tutta la sua famiglia, in Israele. (La recensione del film "Corri ragazzo corri" è di Rosalinda Gaudiano)
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