di R. Gaudiano
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Class Enemy recensione] - Premiato con il Fedeora alla 70a Mostra di Venezia, selezionato dalla Settimana della Critica, finalista al premio LUX attribuito dal Parlamento Europeo, "Class Enemy" è un film forte che scuote e sorprende. La storia si svolge in Slovenia. Una classe di liceo, studenti e professori che compiono il loro dovere. I primi ascoltano, ribattono, protestano, studiano, i secondi impartiscono lezioni, cercano di contenere un mondo giovanile in fibrillazione continua, con una disciplina costante. Il rituale della normalità, però, può essere incrinato se tra studenti e docenti il fluido della comunicazione s'inceppa, s'intasa ed esplode. In questa classe liceale arriva Robert (Igor Samobor), professore di tedesco, viso quasi inespressivo, duro, poche parole, le sole per richiamare la classe ad un ordine stabilito a priori, un ordine che non si discute, con continui riferimenti a Thomas Mann. La classe e tutta la scuola sono scossi da un fatto terribile ed anche minaccioso per gli equilibri all'interno della classe, dell'istituto e del sistema scolastico: il suicidio di una studentessa. Rok Bicek, giovane regista del film, mette in scena il cambiamento avvenuto nella nostra società attuale riguardo al sistema educativo che forma e socializza giovani individui. La classe, com'è quella rappresentata in "Class Enemy" è un microcosmo dove avvengono relazioni a catena, tra studenti, tra studenti e professori. Tutto ruota intorno ad una dimensione educativa, che riguarda la didattica, ma che forse implica, oggi, ancor più della stessa didattica, la dimensione umana dell'essere, le vulnerabilità esistenziali, le attese, le aspettative. Rok Bicek affronta, con credibile determinatezza un mondo che è cambiato, attraverso il filtro di fragili coscienze giovanili che annaspano in certezze incerte, che non riconoscono più norme senza concrete risposte. E il professore? I professori, tutto il sistema docente, hanno certezze solide, vere, riconoscibili? Dal suicidio di Sabina (Daša Cupevski), nella classe inizia un conflitto aperto fatto di domande ed interrogativi, un conflitto tra i compagni di classe di Sabina e lo stesso Robert che cerca, con la durezza che gli è più congeniale, di aiutare i ragazzi ad elaborare il lutto. All'improvviso emergono due mondi, distinti e separati, i ragazzi accecati dalla rabbia e da una ribellione verso il sistema scolastico, ed un Robert ingessato nella sua ferrea determinatezza a porsi, verso quel mondo di fragili anime, con durezza schiacciante. La separazione è netta, e netta è la mancanza di comunicazione tra quei due mondi generazionali. Rok Bicek si è visibilmente ispirato al sottile linguaggio registico di Michael Haneke, inquadrature lunghe, silenzi, un unico piano sequenza che predilige il viso, fulcro della percezione di sé, che parla attraverso un linguaggio non verbale, affermando una nuova soggettività, quella della modernità. E' attento Rok Bicek a scegliere i suoi soggetti, con visi che consapevolmente esprimono l'anima. "Class Enemy" è tutto questo. Un racconto senza forzature di un'epoca, la nostra, in cui l'educazione a tutti i livelli s'inceppa da qualche parte, in qualche modo, in una forma di comunicazione che viaggia su due binari paralleli che non s'incontrano più. Il conflitto a questo punto diventa irrisolvibile, perché ognuno ha le proprie ragioni, le proprie (in)certezze costruite in relazioni non di reciprocità ma individualiste e sterili. Un quadro crudo della società contemporanea, ben calibrato attraverso il caleidoscopio del sistema scolastico, che, insieme alla famiglia, è il fulcro attivo della società in continuo rinnovamento. Assolutamente da non perdere!
(La recensione del film "
Class Enemy" è di
Rosalinda Gaudiano)
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