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Chiamami col tuo nome recensione] - Lui arriva, si incontrano, si innamorano, poi lui se ne va. Non c'è tanto di più nell'ultimo film di Luca Guadagnino, sceneggiato da James Ivory dal romanzo omonimo di André Aciman, terzo tassello di quella che Guadagnino stesso ha definito "la trilogia del desiderio", dopo Io sono l'amore e A bigger splash. Lui è un americano, bello, alto, biondo, colto e intelligente che "piace a tutti" (Armie Hammer); l'altro (Timothée Chalamet) è un diciassettenne sensibile e comprensibilmente confuso, proveniente da una famiglia radical chic, intellettuale, liberal, cosmopolita. Il film sta altrove. Sta nella ricostruzione d'ambiente, nei luoghi, nella descrizione di un' Italia che non c'è più, l'Italia del 1983, un estate in un paese della provincia lombarda, l'Italia di Craxi e del pentapartito, dei manifesti elettorali del pci e del partito repubblicano con la foglia d'edera affissi ai muri scrostati, un'epoca in cui, poco più di 30 anni appena, ci si poteva fermare a casa di una sconosciuta per bere un bicchiere d'acqua dopo una sgambata in bicicletta. Sta nell'occhio attraverso cui uno straniero guarda il bel paese, dall'osservatorio privilegiato di un ambiente accademico, fatto di libri, di arte e di cultura, multi etnico e multi linguistico. Sta nella delicatezza con cui tratteggia i rapporti, nel pudore con cui si avvicina ai personaggi, alle loro personalità contraddittorie, sfaccettate, mai banali o banalizzate. Guadagnino ha definito Chiamami col tuo nome un film sulla nascita di una desiderio, l'emergere di un'attrazione che di primo acchito spaventa, romanzo di formazione, educazione sentimentale, viaggio alla scoperta e all'accettazione di sé, l'estate di un adolescente, nel passaggio cruciale verso l'età adulta, dopo di che nulla sarà più come prima. Un' estate come tante ne abbiamo viste (anche il penultimo Muccino, tanto per dirne uno), che tratta un tema non nuovo, non originale. C'è sicuramente dell'altro. C'è Prassitele; c'è Mistery of love di Sufjan Stevens; c'è il discorso conclusivo del genitore, a cuore aperto, da cui si evince che il liberalismo e l'ideale progressista non è solo facciata ma sostanza, valori in cui credere davvero, da abbracciare con forza, discorso profondo e toccante pronunciato dal padre che tutti vorremmo avere; c'è il lunghissimo, insistito, primo piano finale sul giovane protagonista che davanti al camino acceso, davanti al fuoco crepitante, non riesce a trattenere le lacrime. Comunque forse un po' poco per giustificare le 4 nomination agli Oscar, tra cui miglior film. Luca Guadagnino ci sa fare, possiede leggerezza di tocco, buon gusto, un sentire poetico che non si esaurisce nel formalismo. Ma il fatto che sia sostenuto da tutta l'intellighenzia che conta è ormai più di un semplice sospetto.
(La recensione del film "
Chiamami col tuo nome" è di
Mirko Nottoli)
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