La recensione del film Cento Anni

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CENTO ANNI - RECENSIONE

Cento Anni recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[Cento Anni recensione] - A cosa servono i morti? A costruire il processo della storia, renderlo paradossalmente vivo, umanizzarlo. L'Italia ne ha avuti tanti di morti in questi ultimi cento anni di storia! Davide Ferrario, regista bergamasco, con "Cento anni", film-documentario, da un soggetto di Giorgio Mastrorocco, compie un viaggio a ritroso in un pezzo di storia luttuosa d'Italia. Dalla sconfitta di Caporetto, il cui centenario è ricorso il 24 ottobre 2017, ad altri eventi che hanno costellato di morti il ventesimo secolo, come il fascismo, la guerra civile post-fascista, la Risiera di San Sabba, la catastrofe della diga del Vajont e la strage di Brescia in piazza della Loggia. La narrazione si conclude con la tragedia silenziosa generata dallo spopolamento ed il dissesto ambientale di un Sud messo rovinosamente in un disagio sociale insostenibile. Un racconto accorato, mesto e carico di sentimento, "Cento anni" ricorda e costruisce un percorso storico tra i morti di Caporetto colti di sorpresa dagli austroungarici ed i tedeschi, alla vicenda personale di Massimo Zamboni, musicista e poeta, ex CCCP e CSI, che lo stesso racconta nel suo libro "l'eco di uno sparo", sull'agguato a suo nonno Ulisse, gerarca fascista, morto per mano di due partigiani, che a loro volta si spareranno a vicenda. Morti ammazzati che hanno segnato la storia del 1974 italiano, sono i morti di Piazza della Loggia a Brescia. Una bomba, un attentato terroristico vigliacco e bastardo, un atto estremo di disumanizzazione che uccise padri, madri, fratelli, giovani che credevano in un futuro. Ferrario intervista i superstiti, i parenti delle vittime, vivifica i momenti cruenti, il dolore senza fine. Ma perché questa gente è morta? Manlio Milani, presidente dell'associazione famigliari delle vittime, dicendo che questi morti sono dentro il processo della storia, dà forse una parvenza di risposta. Ma i vivi, a cosa servono i vivi? E qui Franco Arminio, poeta, scrittore e regista, percorre tra la Campania e la Basilicata i luoghi ormai quasi disabitati dell'Irpinia, di un Sud Italia appenninico misero e desolato, destinato allo spopolamento e al dissesto ambientale. Non c'è lavoro in questo Sud bello e maledetto, non c'è lavoro a Bisaccia, vecchia città avellinese, dove si avverte l'assenza di chi se n'è andato e di chi non è mai venuto. Quattro capitoli della nostra storia, da Caporetto all'oggi italiano, raccontati anche da Marco Paolini e Diana Hobel, in cui sconfitte memorabili, morti per disegni vigliacchi e sperequazione nella gestione delle politiche tra nord e sud, costituiscono i contenuti di questo film-documentario che rende omaggio, nella memoria del ricordo, a chi è stato tradito, trucidato, selvaggiamente privato della vita e a chi, nel presente, vive una situazione sociale al di sotto della sopravvivenza. (La recensione del film "Cento Anni" è di Rosalinda Gaudiano)
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