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Captain Phillips recensione] - Il titolo, come spesso accade, è già indicativo della sostanza: Captain Phillips recitano i titoli di testa dell'ultima fatica di Paul Greengrass e il film è nient'altro che la lettura all'americana di una moderna Odissea, in cui l'eroico protagonista si fa epigono e portavoce di una vocazione nazionale al coraggio e alla resistenza. Nulla di particolarmente nuovo sotto il pallido sole della propaganda patriottica a stelle e strisce, nè in casa Greengrass: il regista di United 93 e di The Bourne Ultimatum non si scosta dal suo approccio realistico alle dinamiche più romanzesche e anche nella trasposizione del diario di viaggio del capitano Richard Phillips, che nel 2009 si è lasciato prendere in ostaggio dai pirati somali per garantire la sicurezza della porta container Maersk Alabama, replica il modello dell'action movie concitato quanto basta e senza ammiccamenti superflui alla teatralità. Con un Tom Hanks ancora una volta prestato al ruolo dell'uomo medio elevato dalle circostanze a Ubermensch, Greengrass imposta l'architettura narrativa di Captain Phillips come uno scontro di civiltà sintetizzato nel confronto tra il comandante americano e la sua controparte somala, il pescatore-pirata Muse: una lotta a due intensa e ben dosata, in cui però, a causa di una sceneggiatura piuttosto debole, riecheggiano i clichè del buon cittadino bianco che si immola sull'altare della patria, delle milizie americane che fanno corpo unico attorno all'aspirante martire di turno e del nemico politico dipinto con caratteri estremi di alterità rispetto all'orizzonte conosciuto (in questo caso, come scheletrici e sanguigni, nonchè nerissimi, pescatori prestati al giogo di una dittatura spietata). Povero di smalto sul versante narrativo, Captain Phillips funziona però nell'incastro delle sequenze movimentate con quelle dialogiche, nella tessitura del conflitto privato tra i due comandanti, nella scenografia marittima giocata tra i poli antitetici dell'esterno immenso e liberatorio e degli spazi chiusi saturi di tensione. Greengrass si conferma maestro di nervosismo e firma ancora una volta una pellicola vibrante, cardiopatica, positiva al test dell'entertainment dall'inizio alla fine. Pazienza se i dialoghi non scavano solchi imperituri nella storia del cinema e se le luci non si accenderanno su un pubblico trasfigurato da impagabili rivelazioni: la reputazione degli action made in USA è salva e la convinzione che a questo genere non si possa chiedere più di tanto ne esce rinforzata.
(La recensione del film "
Captain Phillips" è di
Elisa Lorenzini)
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