CANTANDO SOTTO LA PIOGGIA di S. Donen
di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Quando si parla di musical è impossibile non fare riferimento e non prendere in esame una colonna
portante del genere che ha dato il via ad un susseguirsi di opere che hanno, però, solo richiamato
l'inimitabile "Cantando sotto la pioggia" di Stanley Donen e Gene Kelly.
La storia è ambientata nella Hollywood del 1927, all'apice del successo del cinema muto e all'alba
di quello sonoro. Il tutto si apre con l'arrivo dell'acclamata star Don Lockwood, attore del cinema
muto, che precedentemente era stato anche ballerino, musicista e stuntman, al Chinese Theater per
assistere alla prima di "The Royal Rascal". E' insieme alla sua partner sullo schermo, la bionda Lina
Lamont. Una giornalista gli chiede com'è arrivato al successo e come ha conosciuta la Lamont e lui
si dilunga in un racconto dei suoi esordi e del primo incontro con la donna al suo fianco con la quale,
però, non va d'accordo per tutta una serie di motivi, anche se, davanti alle telecamere, fingono il
contrario. Lina Lamont, dal canto suo, è convinta che Don sia innamorato di lei e fa di tutto per far sì
che lui lo ammetta. Lui, invece, cerca di impedirle continuamente di parlare o intervenire durante le
interviste perché ha una voce tutt'altro che gradevole.
Quando il protagonista accetta un passaggio da una giovane attrice teatrale, Kathy Selden, che
incontra poco dopo ad una festa organizzata dalla Monumental Pictures, tutto cambia. A causa di un
incidente la Lamont fa licenziare la ragazza e Don viene a saperlo nel momento in cui deve girare
l'ennesimo film con la stessa partner. Il produttore, però, interrompe le riprese perché ormai è tempo
di passare al sonoro. La Warner ha prodotto "Il cantante di jazz" ed è, quindi, giunto il momento di
accantonare il muto per passare alle nuove avanguardie. Il problema principale è, però, la voce di
Lina, squillante e fastidiosa, tanto da non essere per nulla apprezzata dal pubblico. Don deve, quindi,
trovare una soluzione per sistemare la faccenda e, insieme al suo amico Cosmo e alla stessa Kathy, si
inventa di modificare lo spettacolo in un musical, "Il cavaliere della danza". Il musical sarà gestito in
maniera più semplice perché Lina non dovrà cantare, ma solo muovere la bocca perché sarà poi
doppiata da Kathy, molto più brava a cantare rispetto alla "rivale". Seppur con diverse remore, Lina
accetta, ma non vuole che il nome di Kathy appaia nei titoli. La prima ha un enorme successo e Don,
alla richiesta da parte del pubblico di far cantare la star, decide di rivelare a tutti di chi è la vera voce
che hanno udito.
Come già detto, si tratta indubbiamente di un film che ha fatto la storia del genere al quale appartiene
e questo lo deve agli interpreti e alle musiche, sempre funzionali in ogni momento della vicenda.
E poi si tratta di una storia che non cade mai nell'esagerazione, nel banale o nello scontato. Si
potrebbe, quasi, parlare di meta cinema per descrivere la storia narrata saggiamente da Stanley Donen
e Gene Kelly. Una delle loro abilità, infatti, è proprio quella di aver trasposto sullo schermo una
situazione che riguarda il cinema stesso e delle problematiche legate a questo mezzo. Il passaggio dal
muto al sonoro è il fulcro della narrazione, il centro dal quale la storia parte e si sviluppa ed è anche
il motivo per il quale vengono compiute certe scelte piuttosto che altre e perché determinati
personaggi agiscono in un preciso modo. Sfruttare quella che è un'evoluzione e un passaggio
all'interno del cinema in questo modo è indubbiamente un punto di forza.
Merita, però, ovviamente una menzione speciale il momento che dà il titolo all'intero film. E'
memorabile il numero interpretato da Don Lockwood che, con scioltezza e serenità, inizia a cantare
sotto la pioggia esprimendo tutta la sua gioia.
Ma "Cantando sotto la pioggia" è anche uno spaccato della vita dell'epoca, un modo di mostrare, in
maniera diversa, chi erano veramente i divi dell'epoca, cosa facevano, come si preparavano per le
loro esibizioni e naturalmente come reagirono al passaggio dal muto al sonoro. Inizialmente spaesati
dovettero, fin da subito, adattarsi alla nuova situazione che sembrava avere molto più successo e
surclassare la precedente. Per questo motivo iniziarono le lezioni di dizione, le problematiche legate
ai rumori di sottofondo e al sincrono, senza contare l'iniziale perplessità del pubblico stesso che
doveva ancora abituarsi all'idea.
Tutto quello che muove la storia, come detto e ripetuto, è il cinema, in tutti i suoi aspetti e in tutte le
sue sfaccettature. Un cinema che ha sempre voglia di sperimentare, di imparare cose nuove e
mostrarle con entusiasmo al pubblico. La magia del mezzo è proprio questa: riuscire sempre a
sorprendere con continue evoluzioni, continui cambi di programma, continui effetti speciali sempre
più nuovi. Ed è proprio questo spirito che muove l'intero film mettendo in scena pregi e difetti di
un'industria destinata a continuare ad accompagnare lo spettatore raccontando la realtà in un modo
sempre nuovo. La grandezza di questo musical risiede proprio nel realizzare qualcosa di semplice,
sviscerando ogni aspetto e ogni personaggio che ha a che fare con la storia, e mostrarlo in maniera
efficace ad un pubblico molto vasto. Oltre ad essere uno dei capisaldi del genere è anche una
narrazione che ben si adatta a qualsiasi tipo di pubblico, grande e piccolo. Ed ha il grande pregio di
essere sempre molto attuale. Al di là del mero problema relativo al passaggio dal muto al sonoro,
resta preponderante il ruolo del cinema in generale. E di come esso modifica e influenza, anche
indirettamente, la vita di chiunque, sia gli addetti ai lavori sia il pubblico.
In tutto questo, però, con la questione cinema va di pari passo anche quella della "favola" che in film
come questo è sempre presente. Una favola intesa come un'avventura e uno scontro tra buoni e cattivi,
dove a vincere è sempre la bontà e l'ottimismo e, quindi, i "cattivi" vengono redarguiti (in questo
caso messi in cattiva luce), mentre i buoni vengono esaltati ed elogiati, sottolineando le qualità che li
hanno resi tali.
Un po' in tutto il film campeggia questo ottimismo e questa positività nei confronti del mondo, della
realtà che circonda determinati personaggi e di chiunque. A tal proposito è esemplificativa la scena
dove Don canta e balla la canzone che dà il titolo alla pellicola. Viene, infatti, osservato da un
poliziotto che sembra in qualche modo disprezzare quello che il giovane attore sta facendo. E Don,
di tutta risposta, lo guarda continuando a cantare e citando la frase della canzone che spiega quello
che sta facendo, appunto cantare e danzare sotto la pioggia. Una leggerezza che è il fondamento della
storia e che, insieme ad un pizzico di umorismo sempre al momento giusto senza mai esagerare, dà
vita ad uno dei migliori musical di tutti i tempi. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.