di R. Gaudiano
[
Burning recensione] - Jong-su è un giovane che vive nella Corea del sud, al confine con la Corea del nord. Quando è a casa può ascoltare i proclami pubblicitari emanati dai notiziari coreani di confine che gli arrivano oltre frontiera. Jong-su sbarca il lunario facendo il fattorino, pur aspirando a diventare un bravo scrittore. Un giorno, durante il solito giro di consegne sente chiamare il suo nome da una ragazza, Ha-emi, che gli racconta di essere stata sua vicina di casa ed anche amica d'infanzia. Nonostante Jong-su non si ricordi di Ha-emi, tra i due s'instaura subito un rapporto d'intima amicizia. Intanto Ha-emi, che è in procinto di partire per l'Africa, chiede a Jung-su di badare al suo gatto durante la sua assenza. Al rientro in Corea, Ha-emi ha una sorpresa scomoda per Jang-su. La ragazza è in compagnia del giovane Ben, individuo strano, ricco, ma che pare non abbia nessuna vera occupazione lavorativa. Ed è qui che tutto si complica e pian piano il racconto scivola in un thriller emozionale sibillino ed inquietante. "Burning", diretto da Lee-Chang-dong,_nasce dallo sposalizio di due culture confinanti, il Giappone di Haruki Murakami, autore del breve racconto "Bar Burning (Granai incendiati)" che ha dato l'idea al film, e la Corea del Sud di Lee Chang-dong, regista del memorabile "Poetry", che ha saputo trasformare quelle poche pagine del racconto di Murakami, in un lavoro cinematografico visivo crudo e potente. Lee-Chang-dong gioca sull'intreccio delle tre esistenze dei protagonisti. Filtra un presente sofferente, melanconico, a volte anche ossessivo, che il cineasta coreano prospetta tra pause e dilatazioni temporali, attraverso ricordi del passato fanciullesco di Jong-su e Ha-emi. Nonostante Ha-emi ricordi vicissitudini da bambina con Jang-su, questi scava a vuoto nella sua memoria di bambino su possibili momenti in compagnia di Ha-emi. La maestria di Lee-Chang-dong è tutta nella potenza dell'incalzare della storia, che al pari della forza musicale di un brano d'autore che pian piano diventa poderoso, si dipana in una narrazione sostenuta dal ritmo di un'incontrollabile emotiva sofferenza psicologica. Jong-su, Ha-emi e Ben, caratterizzati magistralmente e rispettivamente da Yoo-ah-in, Jong-seo-Jun e Steven Yeun, sono tre personalità provate da disastri dell'anima, vittime soprattutto di discrasie affettive. Jong-su cerca il calore di una famiglia che non ha avuto, Ha-emi si affida all'illusione per cambiare il volto della tristezza, il borghese e ricco Ben dietro un sorriso bonariamente ironico, potrebbe nascondere il male, il malvagio. Lee-Chang–dong lascia che il mistero aleggi sul triangolo delle esistenze dei protagonisti. L'abbandono materno subito da Jung-su, il sogno soffocato di Ha-emi, il conflitto esistenziale e malefico di Ben, strutturano un'opera ricca di sfumature poetiche, in un encomiabile rigore stilistico e con un percorso drammaturgico che rifiuta i momenti plateali, lasciando, alla fine, addirittura lo spettatore nel dubbio di una conclamata verità. "Burning" nella spettacolarizzazione di campi medi, in cui la mdp stringe su volti d'intensa carica espressiva, come la danza sinuosa di Ha-emi ad occhi chiusi, porge il dilemma del vuoto culturale e di valori della gioventù coreana, con struggente sensibilità e forte originalità, in un'immagine al tempo stesso realistica e simbolica.
(La recensione del film "
Burning" è di
Rosalinda Gaudiano)
- Vai all'
archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "
Burning":