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Brutti e Cattivi recensione] - L'universo creato da Cosimo Gomez in Brutti e Cattivi è abitato da gente imperfetta e incompleta. Vi è il Papero (Claudio Santamaria) privato sin dalla nascita delle gambe; la Ballerina (Sara Serraiocco) senza braccia; il Merda (Marco d'Amore), rasta tossico; e il nano Plissé, rapper di poco successo col sogno di diventare ingegnere. È un universo in cui i propri esistenti nelle loro mancanze si completano a vicenda, e nell'unione delle loro facoltà e punti forza, tentano di portare a termine una delle rapine più fruttuose mai messe a punto. Quello di Brutti e Cattivi è un circo dai toni esagerati, discendente alla lontana da film come Freaks del 1932, o da serie cult come American Horror Story: Freak Show. Eppure, da questo mondo a lui archetipico, Gomez prende spunto unicamente nella resa dei propri personaggi e delle atmosfere circensi trasferite in un contesto prettamente urbano. Il resto è un baraccone in cui tutto è esasperato all'ennesima potenza; uno spaccato della società dove la fiamma sarcastica e pungente dell'incipit finisce per bruciare presto, lasciando così spazio a uno sviluppo narrativo alquanto flebile e portato avanti da situazioni e intermezzi volutamente spinti oltre al limite per tenere alta l'attenzione del pubblico, ma che invece lasciano alquanto interdetti e abbastanza indifferenti gli spettatori. Un po' come compiuto l'anno scorso da Gabriele Mainetti, e nel più tipico modus operandi dei Manetti Bros., l'opera di Gomez tenta – riuscendoci abbastanza nel complesso – a infarcire la propria essenza di richiami a un cinema più internazionale. Tra sequenze ad alta dose di splatter, a una fotografia giocata su palette fatta di colori saturi e cangianti, fino ad arrivare a una colonna sonora coinvolgente, Brutti e Cattivi nella sua confezione esterna può apparire un buon prodotto. I problemi iniziano quando si giunge ad analizzare il film nel suo cuore, oltre l'apparenza estetica ed esterna.
Uno dei punti deboli di Brutti e Cattivi è infatti da ritrovare nella sceneggiatura. Dopo lo sfolgorante avvio, essa perde prepotentemente quota, fino ad arrivare ad un illogico happy ending, ben distante dal nucleo narrativo di partenza, e colpevole di sfilacciare in tanti parti la coerenza del "politically incorrect" portata avanti dalla storia fino a quel momento.
Fulcro narrativo e muro portante dell'intera opera è la performance di Claudio Santamaria, vera e propria calamita spettatoriale, capace di divertire e intrattenere nonostante la trasformazione fisica dell'attore (tra un riporto al limite dell'oscenità e moncherini vari ed eventuali, il suo Papero è ben lontano dall'immagine di sex-symbol affibbiata all'interprete romano). Dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, Santamaria non ha paura di osare, di prendere parte a un progetto ambizioso e del tutto nuovo nel panorama di un cinema italiano che ha bisogno di rinascere. La sua è un'interpretazione forte, convincente, capace di afflosciare l'intera opera nel momento in cui non compare sulla scena. Questo avviene anche perché i suoi co-protagonisti non godono di una performance attoriale altrettanto solida e interessante. Sara Serraiocco è alquanto piatta nel portare sullo schermo la sua Ballerina; Marco D'Amore, per quanto si impegni, non riesce a intrattenere con il pubblico un legame d'empatia. Il suo non è altro che un susseguirsi di grugniti e movimenti fisici compiuti in loop.
Stiamo parlando comunque di un'opera prima, e in quanto tale non è da bocciare in toto. L'amore per la classe più denigrata dalla società, e la passione per il cinema, congiunta a un gusto estetico di tutto rispetto, aiuteranno sicuramente in futuro Gomez, ma a tutto questo il regista deve affiancare una maggiore cura della sceneggiatura. Solo così il colpo successivo risulterà un successo.
(La recensione del film "
Brutti e Cattivi" è di
Elisa Torsiello)
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