BRAZIL di Terry Gilliam
di Dario Bevilacqua
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.
Sam Lawry è un efficiente impiegato presso l'archivio statale di una imprecisata città, capitale di un non identificato Paese, nel quale regna la Burocrazia e ogni cittadino è schedato e monitorato. Sam vorrebbe fuggire dalla routine e sogna, sulle musiche di "Brazil", di poter volare e di incontrare una donna bella e misteriosa. Nel frattempo, gruppi eversivi cercano di sovvertire il sistema e Sam finirà per trovarsi al centro di un oscuro disegno. È attraverso la macchina burocratica che si gestisce il potere. Solo mediante un controllo capillare e infinitesimale della società, degli individui e delle loro azioni si può mantenere l'autorità, nascondendo ed omettendo, manovrando nell'ombra e diffondendo la paura. Questo è lo strumento che useranno i vertici di potere quando la società avrà abdicato al suo ruolo. In un futuro senza speranza e dai cieli grigi, in cui gli uomini avranno smesso di sognare, il cibo sarà sintetico e artefatto, la cultura sarà bandita, l'inquinamento alle stelle, la chirurgia estetica la nuova religione dei ricchi, ed ogni cosa, persona o gesto sarà registrato e controllato, i governi si
impossesseranno delle libertà degli uomini e, per il loro bene, li controlleranno. Così le amministrazioni, i poteri pubblici che devono perseguire l'interesse generale e sono teoricamente sottoposti al diritto e al consenso democratico, decideranno e interverranno nelle vite degli uomini, a volte agevolando o proteggendo, altre appropriandosi di quelle stesse vite. E tramutando i cittadini in sudditi. Questo è ciò che ha sempre fatto e sempre farà il potere, quando non adeguatamente bilanciato. Sovente, uccidendo la libertà e la fantasia. Sempre, tradendo i principi fondamentali del vivere comune. Questo ci racconta Gilliam, come monito per ciò che potrebbe accadere, descrivendo una società futuribile e apolicattica, spaventosamente diseguale – con i cittadini comuni relegati negli slums – e pervicacemente autoritaria; efficientista e perfezionista, ma sovvertibile da errori banali, e priva di creatività e speranza. Il regista americano si ispira liberamente al "1984" di Orwell, ma ambienta il film in un imprecisato luogo temporale del futuro, scegliendo una scenografia retro-futurista piena di rimandi alle icone del fascismo e curata in ogni dettaglio estetico e simbolico grazie ad un indiscusso talento immaginifico. Si pensi al cappello a forma di scarpa della madre di Sam o alle grottesche e inquietanti maschere da bambino dei torturatori. "Brazil" è un film fuori dal comune: un trattato di filosofia-politica dall'estetica barocca, una favola nera e visionaria che commuove, disturba e fa riflettere, rivelandosi come un coacervo di sogni, incubi e possibili realtà. Un inno alla libertà e alla fantasia, alla vita mite del povero Sam Lawry (straordinario anti-eroe: timoroso burocrate modello, ingenuo e miope, vittima del sistema ma ancora in grado di sognare e, pertanto, pronto ad abbracciare la giusta causa della resistenza a un potere tirannico) e al suo desiderio d'amore e di fuga, ma anche un grido disperato che nasce dalla paura di non poter più modificare ciò che non può essere tollerato. "Brazil" è spiazzante e folgorante, disilluso e, al tempo stesso e nonostante la sua immortale attualità e il suo ineluttabile pessimismo, pieno di speranza: perché quest'ultima "non è la convinzione che le cose andranno bene, ma la convinzione che quel che stiamo facendo ha un senso, indipendentemente dal risultato"(V. Havel). Camei per Ian Holm, Bob Hoskins e Robert De Niro, in un personaggio diabolicamente sovversivo e istrionicamente baffuto; nonché per l'ex Monty Python Michael Palin, qui in un ruolo inquietante e desolante. Il suo ex collega Terry Gilliam, alla regia, firma e alla terza opera dietro la macchina da presa, firma il suo capolavoro, dando vita ad un racconto che non smetterà mai di essere presente. Per questo "Brazil" è storia del cinema.
Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.