di R. Di Paolo
[
Bohemian Rhapsody recensione] - "Siamo quattro disadattati male assortiti che suonano per altri disadattati. (…) Noi siamo proprio come loro".
È possibile riassumere in una frase quello che sono stati i Queen per un'intera generazione in tutto il mondo? Forse sì, forse è questa la chiave per farli comprendere anche alle generazioni successive, compresa la mia.
La visione che Bryan Singer ha riassunto in queste due ore è proprio ciò che meritavamo di conoscere, un racconto vero e schietto che con delicatezza e sfacciataggine cerca di riassumere quella che è stata una delle pagine più importanti nel mondo della musica, ma non solo.
Freddie Mercury e i Queen sono stati un punto di riferimento, una rivoluzione, una luce per coloro che si sentivano "diversi".
Conosciamo Freddie quando era "solo" Farrokh Bulsara, la pecora nera di una famiglia di origine parsi che vive nella periferia di Londra.
L'incontro con Brian May e Roger Taylor, quegli incisivi in più che da difetto fisico diventano un vantaggio, un simbolo.
Pian piano vediamo la trasformazione di un ragazzo emarginato, incompreso che però sa perfettamente quello che vuole: lasciarsi guidare dalla passione che lo travolge, che gli scorre prepotente nelle vene.
Freddie Mercury nasce e cresce lottando per rompere confini, superare limiti, amare, cantare, emozionare.
Mary, the "love of my life", l'amore di sempre e per sempre, prima e dopo la scoperta della sua omosessualità, la sua colonna portante, il suo nord, l'unica in grado davvero di ascoltarlo e capirlo, di leggere tra i suoi gesti, tra le righe del suo essere geniale, solo, spaventato e adrenalinico; l'ancora di salvezza che lo riporterà a galla dopo le tenebre del suo lungo periodo di sfrenato e pericoloso divertimento.
La scoperta della malattia, la grande opportunità del Live Aid, tutto converge verso la stessa strada: riscoprire il vero Freddie, la sua vera famiglia, quella composta da Brian May, Roger Taylor e John Deacon.
Quei venti minuti di esibizione davanti a 2 miliardi di persone consacreranno eternamente i Queen nell'Olimpo della musica.
Rami Malek sembra nato per questo ruolo, riporta alla vita una leggenda senza esagerarla o sminuirla, guidato dalle abili mani di Bryan Singer che insieme a Newton Thomas (Direttore della Fotografia) studiano ogni singola inquadratura e movimento di macchina con precisione maniacale senza lasciare niente al caso… come credo che proprio lo stesso Freddie avrebbe desiderato.
La colonna sonora è fondamentale ma non invadente, accompagna la storia e cresce insieme ai suoi protagonisti senza diventare eccessiva o fastidiosa.
Alla fine delle due ore di film sembra siano passati pochi minuti, sembra che non sia abbastanza quando invece è perfetto così: è un film che riesce a riportare in vita un uomo così importante non andando a scalfire niente di quello che era. Vediamo il Freddie solo, il figlio di due genitori innamorati e spaventati dalle novità, il Freddie ingannato, quello innamorato, il Freddie confuso e malato; il Freddie che vive per emozionare ed emozionarsi, il Freddie genio della musica che però non si innalza mai a divinità davanti ai suoi amici.
Dall'uscita dalla sala ascolterete in maniera diversa qualsiasi pezzo dei Queen, apprezzerete ogni pausa, ogni parola, come se l'avesse scritte un vecchio amico, come se aveste conosciuto Freddie, come se non fosse mai andato via… Eterno.
(La recensione del film "
Bohemian Rhapsody" è di
Rachele Di Paolo)
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