La recensione del film Blue My Mind

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BLUE MY MIND - RECENSIONE

Blue My Mind recensione
Recensione

di Rosalinda Gaudiano
[Blue My Mind recensione] - Mia (Luna Wedler) ha 15 anni e da poco si è trasferita a Zurigo con il padre e la madre. Cambiamenti di abitudini di vita per l'adolescente Mia, ma soprattutto questa giovane ragazza deve ambientarsi nella nuova scuola e socializzare con i compagni del suo corso di studi. E' subito attratta da un gruppetto di ragazze abbastanza disinibite capeggiate da Gianna (Zoë Pastelle Holthuizen), una ragazza che vive oltraggiando il mondo e tutti. Mia è completamente fagocitata dalla personalità di Gianna, che fa del non rispetto delle regole la sua bandiera di vita. Presentato nella sezione "Alice nella città" alla 12esima Festa del Cinema di Roma, "Blue my Mind" è il primo lungometraggio della regista svizzera Lisa Bruhlmann, che affronta il delicato momento di crescita adolescenziale. L'idea è lodevole ed audace, in quanto questa problematica, anche se già trattata ampiamente nella cinematografia, merita di essere sviscerata da più punti di vista. Ma "Blue My Mind" soffre di una drammaticità narrativa totalizzante, che non lascia spazio ad una dinamica relazionale tra i personaggi principali del film. Tutto inizia con il forte disagio di Mia, che non viene assolutamente considerato soprattutto all'interno del suo nucleo famigliare. Il rapporto tra la ragazza ed i suoi genitori è freddo e rigido, timoroso di mostrare anche il legame affettivo necessario alla costruzione di sentimenti positivi. Ed è così che la vita di Mia è immersa in una dimensione di tragedia dell'anima, ingessata nella dilaniante interrogativa soggettiva della protagonista. La Bruhlmann affronta la dinamica del disagio adolescenziale trattando dapprima la percezione realista di Mia che non accettandosi, si perde in atteggiamenti e comportamenti destabilizzanti e distruttivi: droga, alcol, sesso fine a se stesso e con chiunque. Se la prima parte tratta l'argomento quasi da un punto di vista antropologico anche se alquanto pessimista, successivamente la cineasta svizzera passa all'introduzione mitologica per spiegare la non accettazione del cambiamento corporale adolescenziale ed affida al mito la chiave per la libertà dalle paranoie ossessive della ragazza. E qui la Bruhlmann letteralmente s'incarta, in quanto la linearità del discorso narrativo implode al suo interno, responsabile una sceneggiatura con un impianto sconclusionato ed affatto coeso nelle parti, che non riesce a garantire un intreccio basilare che dia forma a tutta la storia. Questa prima opera registica dell'incipiente cineasta svizzera ha il merito di una buona conoscenza tecnica dell'inquadratura del viso come specchio dell'anima, che riesce a mostrare la corrosiva tragedia esistenziale dell'adolescente Mia. Il risultato complessivo di "Blue my Mind" si ferma qui, ed anche se ha avuto il Premio del Cinema Svizzero come Miglior Film, Miglior sceneggiatura e Miglior attrice protagonista, la sintesi lascia parecchia delusione. (La recensione del film "Blue My Mind" è di Rosalinda Gaudiano)
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