La recensione del film Blackkklansman

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BLACKKKLANSMAN - RECENSIONE

Blackkklansman recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Blackkklansman recensione] - Mentre qui da noi oltre il 60% della popolazione plaude un governo che tiene per una settimana 160 disperati a bordo di una nave attraccata al porto col divieto di scendere, atto per il quale il ministro degli interni è indagato per sequestro di persona e lui invece di vergognarsi se ne vanta mentre il 60% della popolazione invece di indignarsi plaude ancora più forte (evviva la guerra tra i poveri!), Spike Lee da oltreoceano ci ricorda, ci ammonisce, con Blackkklansman, vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 2018, che dagli errori non si impara niente per cui gli errori tendono a ripetersi, sempre uguali a se stessi. Lo fa raccontando la "storia fottutamente vera" di Ron Stallworth (John David Washington, figlio di Denzel), primo agente di colore del dipartimento di Colorado Spring che durante gli anni '70, con l'aiuto del collega, ebreo, Flip Zimmerman (Adam Driver, come al solito insuperabile), riesce a infiltrarsi nella cellula locale del Klu Klux Klan arrivando perfino ad instaurare una relazione privilegiata con il Gran Maestro del Klan, David Duke (Topher Grace, sempre a suo agio nei panni del coglione). E lo fa collegando direttamente quegli eventi – ripetiamolo, siamo negli anni '70, epoca delle pantere nere, del black power e della blaxploitation – agli eventi di oggi, per la precisione ai fatti di Charlottesville del 2017, sovrapponendo idealmente il faccione di Richard Nixon a quello di Donald Trump; Trump che, commentando gli eventi di Charlottesville, non condannò i gruppi neonizisti o i cosiddetti suprematisti bianchi (fanno ribrezzo fin dal nome) bensì si limitò ad osservare che vi erano facinorosi sia da una parte che dall'altra (giusto per la cronaca ricordiamo che a Charlottesville un auto si lanciò sulla folla dei contromanifestanti uccidendo tre persone). Allo stesso modo qui da noi si mette in discussione il reato di apologia del fascismo scambiandolo per una limitazione alla libertà di espressione e passa quasi in cavalleria la notizia di un ex attivista della Lega che se ne va in giro a sparare a persone di colore. I pericolosi corsi e ricorsi della storia, come li chiamava qualcuno. Dopo alcuni anni di attività sottotraccia Spike Lee torna in grande stile con una produzione hollywoodiana per ribadire, con urgenza e quindi con necessità, i temi, il tema che l'ha reso celebre e sul quale da Fa' la cosa giusta in avanti si è concentrata la maggior parte della sua opera. Purtroppo in Blackkklansman la tira per le lunghe di una mezz'ora buona perdendo talvolta il ritmo e soprattutto pare non riuscire a governare la varietà dei registri scelti, tra la drammaticità dei fatti narrati, la leggerezza del tono da commedia, il citazionismo nello stile e nella ricostruzione d'ambiente, il commento musicale che si fa a tratti epico e greve, la demenzialità grottesca tramite cui si intende sottolineare l'ignoranza di questi bifolchi incappucciati che guardano in estasi "Nascita di una nazione" al grido di "America first". E a noi non possono non venire in mente le tristi scene di quei nostri compatrioti che, per timore che il quieto vivere nel loro paesello di provincia possa venire meno, intralciano la strada ad un pullman pieno di profughi stremati all'urlo di "stop all'invasione" e "prima gli italiani". (La recensione del film "Blackkklansman" è di Mirko Nottoli)
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