di R. Gaudiano
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Balto e Togo recensione] - La Storia di Leonhard Seppala ed il suo cane Togo merita di essere ricordata. Passeggiando per Central Park, New York, s'incontra la statua di Balto, il cane diventato ormai leggenda che ha defraudato Togo del giusto riconoscimento. E Brian Presley, regista di "Balto e Togo", interprete del coraggioso Leonhard Seppala e sceneggiatore del film, ne fa una storia per il grande schermo. Storia vera, Leonhard Seppala ed il suo cane Togo nel 1925, in seguito ad una terribile epidemia di difterite che colpì la cittadina di Nome, in Alaska, salvarono numerosi bambini destinati a morte certa. Leonhard era un pescatore norvegese che si trasferì a Nome per diventare un minatore d'oro. Nome è una cittadina Inuit e Leonhard sposò una donna Inuit, Kiana, dalla quale ebbe una bambina e divenne anche un esperto musher. Quando Kiana muore di parto, Leonhard si ritira a vita solitaria con la sua bambina fino a quando, nell'inverno del 1925, scoppia un focolaio di difterite e l'ospedale di None non ha nulla per fronteggiare il dilagare dell'epidemia. Nonostante la terribile tempesta di neve che si abbatte nell'arco di parecchie miglia, Seppala ed altri coraggiosi musher alla guida delle slitte trainate da straordinari cani, tra i quali spicca Togo, riescono ad arrivare a Nenana, recuperare il siero che salverà molte vite. Perché allora Balto e Togo? Si tratta appunto di due cani da slitta da ricordare. Ma Balto è il cane capobranco della slitta di Gunnar Kassan responsabile dell'ultima tappa fino alla cittadina di None. Ma i veri eroi della leggenda sono Togo ed il suo padrone Leonhard avendo fatto un percorso superiore a tutti gli altri della staffetta, in condizioni impossibili e nel tratto più pericoloso. Presley gira un film indipendente, ambientato nei primi anni del 900, rispettando l'ambientazione ed i costumi di uno spazio geografico praticamente inghiottito dal gelo e dalla neve, l'Alaska. Il regista ed attore hollywoodiano, affascinato dalla storia e dal coraggio di Togo e del suo padrone, che hanno sfidato l'impossibile per portare a buon fine la missione, ha lavorato per alcuni anni alla realizzazione di questo film. Purtroppo, "Balto e Togo", al di là della validità del soggetto che si articola su una storia vera, si risolve in un piccolo racconto, sviluppato su un registro di cinema narrativo classico, in cui lo spettatore è interessato principalmente alla storia. Storia che purtroppo si articola malamente tra i vari momenti drammatici sostenuti troppo da una musica ruffiana, sofferente non poco di una recitazione mediocre, responsabile una sceneggiatura fiacca soprattutto nei dialoghi e mal gestita dalla voce fuori campo. Apprezzabile la fotografia di Mark David, riscatto minimo ma non sufficiente di un'opera che può essere classificata, tout court, inutile, specialmente se paragonata al più pregevole "Togo – Una grande amicizia" di Ericson Core uscito appena due anni prima dagli studi della Disney.
(La recensione del film "
Balto e Togo" è di
Rosalinda Gaudiano)
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