BALLA COI LUPI di Kevin Costner
di Francesca Lenzi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.
"Mi è capitato spesso di avvertire la solitudine, ma fino a questa sera non mi ero mai sentito completamente solo", scrive nel proprio diario il tenente John Dunbar, ripensando ai giorni passati all'accampamento sioux. La danza tribale che improvvisa, volteggiando, come un invasato attorno al fuoco, intonando canti primitivi e passi arcaici, rappresenta il culmine della solitudine espressa, l'urgente pressione esterna che cozza fortemente contro il senso di emarginazione riferito alla figura del soldato. La notte, alla luce di un fuoco crepitante, segna la rottura dell'uomo con il principio di isolamento, con l'inno all'individualità che fino a quell'istante lo aveva contraddistinto, quale essere autodefinito e sufficiente a se stesso. Dopo l'azione eroica e suicida che gli fa guadagnare il beneficio di scelta, la decisione dell'avamposto situato all'estremità della frontiera, con due capanne e il deserto come sfondo, assume il sapore della stanchezza fisica ed emotiva, e della conseguente ricerca verso una condizione di stabilità, così convinta e inseguita da apparire persino opportunamente noiosa. I primi mesi trascorsi nel nulla, possiedono la certezza del tempo che scorre, lungo un percorso ciclico, prevedibile e quantificato nell'impossibilità materiale di fornirne un corso cronologicamente misurato. Il calpestio del cavallo Cisco, e l'inaspettata vicinanza di "Due calzini", fiero lupo, conciliante con la natura umana, accompagnano la regolare ripetitività del militare, come fossero due coordinate indispensabili nel conseguimento del risultato, coincidente con la quiete circostante. Pace effimera e transitoria, sconvolta dall'inserimento non contemplato dei vicini sioux, dapprima osservati con sospetto, quindi accolti entusiasticamente e sollecitati a rispondere nel medesimo modo, secondo uno sforzo comunicativo risoluto, al limite della commozione. Perché Balla coi lupi è soprattutto un film sul tema della relazione, della corrispondenza sociale tra due entità formalmente distinte, eppure entrate indissolubilmente in contatto, dando origine ad un rapporto nato sull'ambiguità linguistica ed etica, per sboccare in un qualcosa di ancor più indefinito ma durevole e annodato. La metamorfosi culturale di John Dunbar raggiunge il punto di non ritorno nella negazione dello stato naturale, quando, posto di fronte al suo stesso popolo, se ne discosta, rifuggendo la brutale e ignobile identità yankees, per vestire e proteggere i costumi sioux. L'armonia con la natura, le semplici, eppure sacre abitudini, la mancanza di ipocrisia che caratterizzano la gente indiana, fanno leva sullo spirito liberale, audace e brillante dello statunitense, che pure troverà l'amore in "Alzata con pugno", altra bianca adottata dalla comunità, anch'essa radicata orgogliosamente nei dettami sioux. Ma Balla coi lupi è pure un film caratterizzato da una bellezza visiva fuori dal comune, da studiare con la corretta attenzione, senza paura di scadere nell'affettazione manieristica. Gli estatici paesaggi della prateria, l'azzurro terso del cielo, l'oro accecante dei fili d'erba, soffice carezza sul palmo della mano, la polvere rossiccia a lambire la pelle arsa dal sole, rendono soddisfazione allo sguardo affamato e all'istintivo senso percettivo che traspare dalla pellicola di Costner. Se è innegabile l'incanto visivo, riconosciuto attraverso immagini di profondo lirismo e lucente magnificenza, appare ancor più evidente la certezza della suggestione sensoriale: non si corre il rischio della menzogna nel definire questo film dotato di capacità espressive scaturite dal potere dei sensi. Come non percepire il caldo afoso che riga il volto, il pulviscolo granuloso sull'epidermide secca, il vento asciutto che sferza l'aria, l'odore pungente della nobile terra, l'acqua che rinfresca le dolenti membra, lanciando spruzzi di esuberanza? Come non sentire il grido di battaglia, il soffice tocco di una fibra piegata dalla corrente, l'odore forte del sangue del bisonte, ormai vinto, il fumo penetrante della lunga pipa? Balla coi lupi rappresenta un'esperienza tattile, uditiva e olfattiva di rara potenza, unita allo splendore visivo che si coglie dalla fotografia elegiaca e ammaliante, per un risultato che si avvicina alla perfezione stilistica e comunicativa di un capolavoro privo di confini temporali e capricci di contesto.
Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.