La recensione del film Ava

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AVA - RECENSIONE

Ava recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Ava recensione] - Caso interessante questo Ava. Lanciato la settimana corsa su Netflix come una novità, in verità è un film che era già pronto nel 2018 col titolo di Eve, tanto che su alcuni siti era già stato recensito (vedi "I 400 calci" che in fatto di cagate action sono sempre all'avanguardia). E come scrivono proprio I 400 calci, se un film che ha per protagonista Jessica Chastain (anche produttrice) e un cast che vede, oltre a lei, anche Colin Farrell e John Malkovich, e Geena Davis, Ioan Gruffudd e Joan Chen in ruoli minori e, a distanza di anni, nessuno se lo è filato, allora vuol dire che dietro c'è una storia di "deragliamento" che rende il film assolutamente da vedere. Il "deragliamento" è quello di tal Matthew Newton, regista e sceneggiatore del film, che sul più bello viene accusato di violenza sulle donne, nella fattispecie la sua fidanzata, con conseguenti critiche che piovono anche sulla povera Chastain, rea, lei paladina del #MeToo, di fare film con bruti del genere (ma chissà, magari non lo sapeva...). Così Matthew Newton viene sostituito alla regia da Tate Taylor, il titolo da Eve diventa Ava e il film viene parcheggiato lì, in attesa che passasse la buriana. Fino all'arrivo di Netflix che, facendo il pesce in barile, lo spara in anteprima sulla ben nota piattaforma. La visione non ne tradisce le aspettative: la sensazione è proprio quella di un progetto abortito, di un film terminato perché a quel punto era più complicato non farlo ma dove tutti ormai, sentendo odore di fogna, hanno già abbandonato la nave mentre la nave affonda, un film sul quale i produttori sanno già in anticipo che non ci caveranno un ragno da un buco per cui non sono disposti a investirci più nemmeno un euro. Ne abbiamo visti tanti di film che hanno avuto un destino analogo, rinnegati, incompiuti e mal assemblati prima che il pubblico potesse dare il proprio responso. Così è Ava, pieno di sottotrame che non vanno da nessuna parte, linee narrative che partono e poi abbandonate strada facendo, situazioni legate da nessuna consequenzialità logica, un'identità traballante tra due anime che non si integrano mai, l'action tutto d'un pezzo e il dramma famigliare intimista. La svogliatezza regna sovrana, gettando sul tutto il velo grigiastro dell'inedia come si evince in primis da John Malkovich la cui svogliatezza è evidente perfino quando se ne sta immobile, piantato in mezzo all'acqua a pescare. Non contenti, lo costringono pure a fare a botte, lui che, a naso, è probabile non sia mai entrato in una palestra in vita sua. Un po' meglio, ma giusto perché l'anagrafe gli ha ancora risparmiato artriti e reumatismi, fa Colin Farrell, uno che sull'essere svogliato e fuori parte ha costruito la carriera. Il finale in tal senso è emblematico, un monumento all'inadeguatezza, sua, della Chastain, delle buone intenzioni di cui, si sa, è lastricata la strada per l'Inferno. Colin Farrell è il capo di un'organizzazione di killer tra i quali la migliore è ovviamente Ava che però ha il brutto vizio di chiedere alla vittima che cosa ha fatto di male appena prima di ucciderla, cosa che per Colin Farrell è inaccettabile. Per cui va eliminata (non si faceva prima a estrometterla dall'organizzazione o smetterla di affidarle delle missioni?). Ava lo intuisce e va continuamente da Malkovich, il suo mentore, a chiedergli: "ma mi vogliono eliminare?". E lui, facendo lo gnorri, risponde: "no, no..." (#AvaStaiSerena) . Ecco, questo in sintesi il canovaccio di Ava, esempio plastico di film che voleva cavalcare l'onda del #MeToo, incentrato com'è su di una donna protagonista assoluta, laddove fino a qualche anno fa ci sarebbe stato un uomo, che fa fare agli uomini la figura dei fessi (vedi anche Salt, Atomica Bionda o The Old Guard), che dal #MeToo è stato invece cornuto e mazziato. (La recensione del film "Ava" è di Mirko Nottoli)
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