di R. Gaudiano
[
Automata recensione] - L'affascinante mondo della robotica viaggia in parallelo alla dimensione umana, sconfitta nella sua primordiale essenza di genere capace di creare cultura, come l'intelligenza robotica. Siamo nel 2044. La terra ormai ha un destino nefasto, sta andando verso un'era di desertificazione. L'uomo si sta estinguendo. Compare il primo androide quantistico l'Automata Pilgrim 7000, robot progettato con alta tecnologia per contrastare la minaccia di estinzione del genere umano. Ma, anche se la società ROC (RObotics Corporation), sofisticata leader produttrice dell'intelligenza robotica, pone rigidi misure cautelative per assicurare il controllo dell'uomo sugli androidi quantistici, qualcuno ha manomesso i robot, che hanno subito una mutazione. L'agente assicurativo Jacq Vaucan (Antonio Banderas) è pagato dalla ROC per scoprire il mistero. Diretto e sceneggiato da Gabe Ibáñez, "Automata" si configura come una copia di una realtà futura cui è destinata la terra, dove il genere umano ha proseguito la sua instancabile corsa ad ogni sorta di scoperte scientifiche e tecnologiche. Ma, come spesso succede, è impotente contro la natura stessa che alla fine gli si ritorce contro. Scenario apocalittico, il buio della notte ammanta una realtà sinistra, senza speranza. Eppure la nascita della figlia di Jacq Voucan destabilizza non poco la rassegnazione all'estinzione dell'umanità. E' una lotta disperata fino all'ultimo uomo. L'idea di fondo è intrigante ed anche il linguaggio filmico affascina non poco per la sua articolazione e dipendenza da vincoli di natura tecnologica e culturale. "Automata" si serve di molti codici insieme. L'inquadratura che compone i vari elementi del contesto narrativo, l'immagine in movimento, che procura una vera e propria impressione di realtà che si coglie guardando il film. Alla fine si resta affascinati da questo racconto immaginifico che riesce, tutto sommato, a far leva sui giochi d'identificazione e sui complessi meccanismi della nostra psiche che vengono stimolati. La storia spiattella, senza mezzi termini, l'annientamento del genere umano filtrato attraverso un realtà robottizzata. Peccato che, in più momenti, la lentezza della narrazione penalizzi non poco la resa ottimale di un prodotto cinematografico in cui i grandi protagonisti sono questi androidi, ferraglia di alta tecnologia, talmente alta che quasi riescono a provare emozioni. Come succede a Cleo, androide dalle fattezze femminili e dalla voce suadente, che osa, con un trasporto inatteso, una dimensione borderline, ballando un lento con Jacq Vaucan sulle note meravigliose della canzone "La mer" di Charles Trenet, note misteriosamente uscite da un vecchio, distrutto jukebox abbandonato.
(La recensione del film "
Automata" è di
Rosalinda Gaudiano)
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