Cinema4Stelle

.       .

Vai ai contenuti

IERI OGGI E...

AU HASARD BALTHAZAR
di Robert Bresson

di Maria Giorgia Vitale
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.
Le vite parallele di due esseri viventi si incrociano più volte, subendo il medesimo destino: quella di un animale, un asino chiamato Balthazar, e quella di una ragazza, Marie. Entrambi saranno vittime della crudeltà umana, di quella violenza spregiudicata e consapevole di cui l'uomo è capace. Bresson, con acutezza e senza retorica, fa trapelare, mediante le immagini, il male che c'è nell'uomo. Dai dialoghi concisi, ma carichi di senso, il film risulta essere cupo e senza speranza, la parola non è necessaria quanto la messa in scena dei comportamenti dei personaggi e delle loro azioni che sono subdole, maligne, ovvero umane. Si susseguono molti significati che il regista inserisce nel tessuto narrativo. Il primo fra tutti, come si è già detto, il male. Il personaggio di Gérard rappresenta il male morale kantiano, ossia quella tendenza dell'uomo, essere caduco, il quale adotta una massima di comportamento di segno contrario alla legge morale, tendendo così a trasgredirla. Per natura l'uomo è predisposto al bene che è una disposizione originaria, tuttavia, egli ha una propensione al male, ossia egli capovolge l'ordine morale dei principi d'azione. Il male radicale è un male morale in quanto è determinato dal libero arbitrio, e quello di Gérard risulta chiaro nelle azioni che commette, che non sono altro che atti razionali e voluti. Ci sono molte scene dedicate alla sessualità, di quella cruda e senza sentimentalismi. C'è la scena in cui Gérard seduce Marie, ancora non pienamente cosciente del suo desiderio. Qui il regista, attraverso precise inquadrature, ci fa capire quale sia il tentativo del ragazzo, dalla mano dietro la nuca alla sottoveste della fanciulla che si intravede, da un'altra mano che stringe il fianco della ragazza alle lacrime di quest'ultima. Da questa scena in poi, Marie perde la sua innocenza, diventa arida, disillusa e indurita da una vita che non le ha offerto nulla se non tanta miseria e infelicità a tal punto che arriva quasi a prostituirsi con un vecchio commerciante di grano, interpretato da Pierre Klossowski. Forse è un mero caso, o forse no, ma la parte recitata dal filosofo francese quasi coincide con un duplice concetto. Uno appartiene proprio al filosofo francese che emerge dal suo saggio del 1970 La moneta vivente. Egli introduce il valore di scambio dell'emozione voluttuosa attraverso il denaro. L'individuo è la moneta vivente che, in quanto oggetto vivente e fonte di emozione, ha in sé il valore di scambio. E se il corpo diventa un oggetto commerciabile, la sensazione di quest'ultimo non è più gratuita, ma equivale al prezzo da pagare e Marie né è cosciente. L'altro concetto emerge dalle seguenti parole del vecchio commerciante: - "Io sono libero. Faccio soltanto quello che può servirmi per guadagnare e più guadagno e meglio è". È chiaro: il denaro è il mezzo per arricchirsi e l'uomo è ciò che è in suo possesso. Non so se Bresson pensasse a Stirner mentre scriveva queste parole, ma per chi lo conosce, salta in mente proprio la sua concezione di «proprietà» e «diritto egoistico». Secondo il filosofo tedesco ciò che è in mio potere è una mia proprietà, come nel caso del povero asinello capitato nelle mani del commerciante e di conseguenza il mio potere mi dà la proprietà. Quindi io ho il diritto di essere ciò che possiedo. Insomma, qualsiasi cosa è di chi sa possederla e se l'uomo si appropria di qualsiasi cosa, quest'ultima gli apparterrà e avrà il diritto di possederla. Quindi il commerciante, che incarna l'avidità e l'egoismo, viene contrapposto al padre di Marie, il quale, a causa della sua onestà, finisce sul lastrico. Infine, non può non venire in mente L'Idiota di Dostoevskij, punto di riferimento letterario per Bresson. Uno dei protagonisti centrali è l'asino, animale stupido per antonomasia, ma che in realtà è il più intelligente (in una scena iniziale gli viene dato un pizzico di sale, simbolo di saggezza e verrà ribadito nella scena del circo – per me è una bestia intelligente). È l'idiota perché subisce ogni tipo di angheria e ingratitudine da parte dell'uomo e nonostante ciò resta paralizzato e inerte. Girato in bianco e nero, è questo un film concreto e drammatico, avvolto da un senso di malinconia suscitato dalla Sonata n° 20 di Schubert, struggente melodia che lascia un alone di amarezza fino alla fine. Di inestimabile valore etico e morale, la pellicola di Bresson è tra i capisaldi della cinematografia del '900. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.


Torna ai contenuti | Torna al menu