di R. Gaudiano
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Attacco a Mumbai recensione] - 26 novembre 2008, Mumbay è sotto assedio terroristico. Ben 10 attentati hanno gettato nel terrore la città, ma quello più significativo e cruento è l'attacco all'hotel Taj Mahal Palace, tenuto sotto assedio per ben tre giorni. 500 persone, tra ospiti e dipendenti, sono costretti a sottostare alle minacce dei terroristi, che armati di kalashnikov sparano a vista su chiunque. In quell'Hotel, simbolo del lusso più sfrenato, i morti ammazzati per mano terroristica furono oltre un centinaio. Ed è solo qualche giorno che il mondo intero è stato spettatore dell'ennesimo attacco terroristico avvenuto in Sri Lanka, che, come quello di Mumbay, è stato un attentato jihadista con più di 300 morti. Quel 26 novembre 2008, la città di Mumbay fu gettata nel panico e nella morte da alcuni jihadisti pakistani, mentre le truppe speciali antiterrorismo partirono da Nuova Delhi, impiegando un tempo infinito prima di arrivare sul posto. Il Taj Mahal Palace Hotel, quel giorno di novembre, diventa così un microcosmo di terrore e paura. Persone tentano di salvarsi, di salvare la loro famiglia, i loro figli, mentre lo chef Hemant Oberoi (Anupam Kher) e l'umile cameriere sikh, Ariun (Dev Patel), si mettono a disposizione degli ospiti per aiutarli, rischiando la propria vita. E come in tutte le circostanze di panico e di pericolo assoluto, emergono persone ciniche, scaltre ed insensibili alla vita degli altri, che pensano solo a salvare la propria pelle, come il miliardario russo Vasili (Jason Isaacs). Anthony Maras, qui regista, al suo primo lungometraggio, ma già acclamato per il suo corto "The Palace", mette in scena un fatto realmente accaduto, non risparmiando momenti cruenti ed impietosi, restando fedele ad una narrazione che privilegia la messa in evidenza di un'umanità nelle sue più variegate sfaccettature, dalle differenti estrazioni sociali, alle contrapposizioni tra terroristi e persone comuni coinvolte nel fatto. "Attacco a Mumbay" è uno sguardo (im)pietoso su una carneficina senza alcun senso, con numerose vittime innocenti, da ambo le parti, prigionieri e terroristi, gente vittima di una sorte assurda in entrambi i casi. Non c'è niente di edificante durante quegli interminabili tre giorni, per nessuno, solo paura e paura, che ferma lo scorrere del sangue nelle vene, in uno stato di disordine e confusione dettati dall'immediatezza degli accadimenti, raccontati dal cineasta senza gratuita spettacolarizzazione sulle brutalità delle esecuzioni. Maras ha persino un sentimento di pietas verso i carnefici, uomini soggiogati da un potere religioso che non lascia scampo alla consapevolezza della banalità animalesca del male. Colori esautorati accentuano l'ansia e la disperazione in uno spazio claustrofobico, dove chiunque corre per lussuosi corridoi, apre e chiude porte, temendo che la morte arrivi implacabile. E tutti, poveri, ricchi e miliardari, reagiscono unanimi e compatti all'improvvisa assurdità di una tragedia che li livella nel loro essere umani e basta. Maras gestisce molto bene il gioco di una tensione composta, ma non meno implacabile, e costruisce la verità di un fatto accaduto in una trasposizione cinematografica tecnicamente ben riuscita, raccontando la paura disperata, il male che genera il male, l'odio che è sempre e solo fine a se stesso. E se non si ha consapevolezza di questo assurdo dinamismo umano, non può esserci futuro, per nessuno. Anthony Maras alla fine è questo che vuole che passi come messaggio fondamentale e tutto sommato, raccontando un fatto successo ben dieci anni fa, ci riesce, ricordandoci che l'ansia, la paura ed il terrore purtroppo abitano il nostro quotidiano.
(La recensione del film "
Attacco a Mumbai" è di
Rosalinda Gaudiano)
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