[
Anni felici recensione] - Corre l'anno 1974, e in un'assolata Roma si svolgono le vicende della famiglia di Guido (Kim Rossi Stuart) e Serena (Micaela Ramazzotti). Il primo è un artista in cerca di se stesso e della propria espressività, sempre un passo indietro all'avanguardia artistica del tempo, la seconda un'affettuosa moglie un po' civetta che non riesce però a comprendere appieno le esigenze del marito. I due hanno due figli: il piccolo Paolo (Niccolò Calvagna), di 5 anni, e il più grande Dario (Samuel Garofalo), di 10 anni, testimoni involontari dell'incontrollabile attrazione erotica dei genitori, dei loro disastri e fallimenti, dei loro tradimenti, delle loro eterne trattative amorose. Tra happenings artistici, colpi di testa, vacanze in spiagge assolate, la famiglia si ritrova improvvisamente in una prigione senza vie di fuga, nonostante provi, inseguendo i tempi, a essere più libera. Dopo "Mio fratello è figlio unico" e "La nostra vita", il regista romano Daniele Luchetti torna a raccontare una storia familiare, puntando stavolta su un contenuto fortemente autobiografico. Guido e Serena, immagini nostalgiche dei genitori del regista, a metà tra il ricordo e la fantasia, rappresentano un binomio contraddittorio di emozioni che si risolve in un inarrestabile impulso d'indipendenza. Un impulso che ricalca perfettamente lo spirito degli anni '70, gli "anni felici" del regista, durante i quali l'Italia attraversò un periodo di profondo cambiamento (fu approvata la legge sul divorzio), di emancipazione e libertà individuale, lontano dai dettami morali della famiglia borghese. In questo quadro carico di forza alimentata da scontri mentali e incontri passionali, di desiderio e repulsione, s'insinua il perturbante personaggio della femminista Helke (interpretato da Martina Gedeck) che, seducente e misteriosa, entra nella vita dei protagonisti scuotendone le certezze, portandoli a rivelare qualcosa di loro stessi nascosto sotto il velo della morale. Grazie all'ottima interpretazione degli attori protagonisti, "Anni felici" è la perfetta rappresentazione di una continua evoluzione esistenziale, un percorso di ricerca personale verso la propria autonomia, nel tentativo di fuggire da quel nucleo apparentemente felice quale la famiglia, che spesso imprigiona i suoi componenti in una gabbia di ricatti affettivi. "Anni felici" è anche un omaggio all'arte, alla creazione che attraverso la sofferenza e la solitudine esistenziale permette di produrre grandi e memorabili opere, ma soprattutto al cinema in pellicola (è infatti girato in buona parte con nostalgici super8, 16mm e 35mm), a quel cinema materico e visivamente imperfetto che incarna in sé la vera essenza dell'immagine in movimento. "Anni felici" racconta un po' degli anni '70, prima che divenissero anni di stragi e lotte armate, attraverso la confusione e solitudine esistenziale dei suoi protagonisti, anime in cerca di se stesse confuse e sperdute ma in grado di donare amore, nel modo più autentico possibile, ai propri figli. Nonostante le proprie infinite contraddizioni.
(La recensione del film "
Anni felici" è di
David Di Benedetti)
- Vai all'
archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "
Anni felici":