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Amore e inganni recensione] - Era il 1796 circa quando Jane Austen concluse quella che possiamo definire come la sua primissima opera da scrittrice: Lady Susan. Il romanzo, redatto in forma epistolare, e pubblicato solo nel 1871 da un nipote della scrittrice, non è una di quelle opere passate facilmente al vaglio dello scorrere inesorabile del tempo, e, tantomeno, uno di quei libri posti in primo piano in libreria alla voce "Jane Austen". A cambiare, si spera, il destino di tale opera, è concorso il regista inglese (noto soprattutto nel campo teatrale) Whit Stillman, il quale, attraverso la realizzazione del suo ultimo film, Amore e Inganni (in inglese Love and Friendship), tenta di strappare dalle grinfie dell'oblio, quello che non è altri che il progenitore di romanzi divenuti ormai classici come Orgoglio e Pregiudizio, o Ragione e Sentimento.
Amore e inganni riesce a essere insieme una rispettosa trasposizione del romanzo Jane Austen, e allo stesso tempo un suo sconvolgimento, per quella visione personale data dal regista alla sua resa visiva, volta anche a colmare le percettibili lacune presenti nel romanzo per una forse troppo tempestiva esigenza della sua autrice di completare la sua opera. Non discostandosi comunque molto, a livello narrativo, dal suo nucleo letterario fondativo, il film di Stillman segue le vicende della neo-vedova Lady Susan (Kate Beckinsale), la quale, una volta lasciata la residenza di Langford a seguito della dipartita del marito, si stabilisce presso la tenuta dei parenti del consorte a Churchill, insieme alla figlia Federica. La cognata Catherine (Emma Greenwell) diffida fortemente da Lady Susan, ma sembra non potere nulla contro lo schema della fascinosa vedova che intende sedurre il fratello di Catherine, Reginald (Xavier Samuel), e maritare la figlia con il ricchissimo, ma alquanto ebete, Sir James Martin.
La Beckinsale si dimostra del tutto capace a entrare appieno nella psicologia del personaggio, facendo della sua Lady Susan una donna meschina e calcolatrice, pronta a usare la morte del marito come esenzione da ogni responsabilità, anche se alla fine destinata comunque a mostrare le proprie debolezze, finendo vittima dei suoi stessi misfatti. La performance dell'attrice è così accurata e vitale, tanto da rendere la presenza del suo personaggio quasi palpabile. Ciò non può far altro che aiutare lo spettatore ad una facile immedesimazione con questo personaggio, ritrovandosi a ridere all'unisono per le sue battute fulminanti immerse in dialoghi brillanti, nonostante rimanga ben conscio dell'inaccettabilità morale del comportamento ostentato dalla sua anti-eroina. Bisogna tenere bene a mente questo dato di fatto, perché è proprio qui che si nasconde alla fine il nucleo originario di tutta la produzione stilistica e letteraria di Jane Austen; lo stesso Whit Stillman pare esserne ben conscio, dato l'incalzamento implicito, e a più riprese, di questo comportamento nel corso della pellicola. Si fa forte, cioè, la concezione austeniana secondo cui le convenzioni sociali altro non sono che gabbie che imprigionano e soffocano l'intelletto femminile, limitandolo a pochi convenevoli di poca importanza. Con la messa in scena del loro sovvertimento, Lady Susan si fa dunque da "incubatore caratteriale" per tutte quelle eroine che nel corso del tempo (e delle pagine) la seguiranno, da Elizabeth Bennett, a Emma, sino a Elinor Dashwood. Si tratta di eroine "proto-femministe" pronte a ribellarsi, con il solo mezzo della loro arguzia e sensibilità, a regole sociali troppo strette e limitanti, pur finendo alla fine per accettare il ruolo a cui l'intera società più si aspetta rivestire dalla donna: quella di moglie e madre.
Come ogni buon film in costume che si rispetti, anche Amore e Inganni si presenta visivamente come un portento visivo, un vero e proprio spettacolo per gli occhi, grazie a quella attenta e certosina ricostruzione di ambienti e costumi tipici del XVIII secolo. Stillman non lascia nulla al caso, e la stessa forma epistolare del romanzo originale, viene rimandata non solo dalla continua presenza di lettere e corrispondenze varie sulla scena, bensì da una sovrapposizione visiva data dalla proiezione di scritte volte a ricreare il contenuto dell'epistola oggetto di disamina. Lo stesso affidarsi al continuo utilizzo di porte costantemente aperte, o di inquadrature fortemente angolate e orientate verso i lati estremi dell'inquadratura, non fanno altro che acuire nello spettatore, quell'illusione di ritrovarsi a spiare dal buco della serratura, le situazioni riprodotte sullo schermo da personaggi apparentemente ignari di essere visti. È una trovata stilistica, questa, che ben si adatta al carattere civettuolo dell'epoca, rendendo ancor più realistico l'universo di Jane Austen modellato dalle mani sapienti di Stillman. Interessante, inoltre, la scelta del regista di presentare i vari personaggi per mezzo di sguardi in camera e un breve sunto posto a didascalia della loro identità. Si tratta, questa, di una caratteristica inusuale se vogliamo nel mondo del cinema, dato che si confà maggiormente alle sigle dei classici drammi televisivi in costume. Eppure sembra celarsi dietro questa strana scelta, una sorta di immediatezza empatica, volta ad aiutare lo spettatore ad eleggere celermente il personaggio con cui simpatizzare maggiormente; il tutto senza affidarsi a estenuanti pause narrative o descrizioni in voice over che avrebbero altrimenti rallentato più del dovuto lo svolgimento dell'intrecci, perdendo così in freschezza e vitalità.
Forse Amore e Inganni non passerà alla storia come uno dei migliori adattamenti dei classici di Jane Austen, e non sarà di certo annoverato tra i posteri come uno dei capisaldi dei film in costume; eppure riserba in sé un grande pregio: quello di aver finalmente riconsegnato alle conoscenze culturali del pubblico cinematografico e letterario, il primo tassello di un puzzle creativo chiamato "opere di Jane Austen".
(La recensione del film "
Amore e inganni" è di
Elisa Torsiello)
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