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American Hustle recensione] - E' ormai assodato che lo scandalo Abscam iniziò come un'operazione sotto copertura condotta dall'FBI. I colletti bianchi dovevano essere messi allo scoperto per truffe, corruzioni, omicidi e controllo del mercato della droga. Sei membri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ed un senatore americano vennero condannati e tra questi il sindaco di Camden nel New Jersey. "American Hustle" parla proprio di questo scandalo e giacché il regista è David O. Russell, ciò che affascina ed entusiasma è il trovarsi immersi in un racconto che punta a tutto tondo sul grottesco giocando, però, in maniera geniale sull'ironia, la sensualità e la scaltrezza delinquenziale. Immerso in uno scenario sfarzoso, Irving Rosenfeld (Christian Bale), truffatore dall'animo buono, molto rilassato nel fisico, attento al suo riportino con posticcio, instaura un sodalizio d'affari e sentimentale con la furba Sydney Prosser (Amy Adams). I due delinquentucoli, che truffano persone sull'orlo della bancarotta promettendo grosse cifre in cambio di soli 5.000 $ ("la gente crede a quello che vuole credere", parole dello stesso Irving), vengono smascherati dall'agente dell'FBI Richie Di Maso (Bradley Cooper) e costretti a collaborare per inchiodare un grosso giro di truffe gestito da politici e mafiosi. La storia, tratta dalla sceneggiatura di Eric Singer, di per sé potrebbe classificarsi scontata, trattandosi di fatti reali raccontati in finzione cinematografica. Ma scontato non è affatto lo stile, somma delle scelte espressive di un cineasta come Russell. Anche in "American Hustle", emergono quei tratti stilistici di Russell, che distinguono anche gli altri suoi precedenti lavori di regia: "The Fighter", "Three Kings" e il pluripremiato "Il lato positivo", che si risolvono in un lavoro assiduo su una convincente e vincente caratterizzazione dei personaggi. Tutto il film argomenta una storia di mafia e corruzione, ma la genialità del racconto sta nell'intreccio delle relazioni convulse, dissacratorie, estenuanti dei quattro protagonisti del film: Irving, Sydney, Richie e l'imprevedibile frustrata moglie di Irving, Rosalyn (Jennifer Lawrence). Russell stupisce per aver saputo tessere una tela di grandiosi labirinti in cui i rapporti tra le persone rivelano insicurezza, fragilità, paure ed anche aspettative. Tutto è potere, sensualità, cieca ambizione, un gioco perverso per non lasciarsi fregare, anzi per escogitare la trappola a sorpresa. E tutto questo altalenare di conflitti e d'interessi è sostenuto alla perfezione dalla recitazione dei quattro personaggi chiave, che qui si superano, naturalmente, con molta disinvoltura, con un risultato di totale credibilità e potenza scenica. "American Hustle" si caratterizza in positivo per una dimensione simbolica che consente di allargare il discorso oltre i confini del genere, la lusinga di una conquista. In una struttura sostanzialmente drammatica, il lato ironico, l'ilarità più schietta, la sincerità di un sentimento edificante, costituiscono gli ingredienti umani sapientemente ben calibrati per la realizzazione di un film a tutti gli effetti capolavoro. A completamento di un'opera tra dramma, commedia e frustrazioni esistenziali, le musiche cult degli anni '70 supervisionate da Susan Jacobs e dallo stesso Russell, trasmettono vera emozione perché quasi sempre contrastano con l'azione scenica e s'impongono con un'anima propria, non adempiendo solo ad una funzione di sostegno. (La Recensione di
American Hustle è di
Rosalinda Gaudiano)
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***] American Hustle è l'ultimo lavoro ben riuscito di David O. Russell, dopo il grande successo dei recentissimi The Fighter (2010) e Il Lato Positivo (2013), da cui prende in prestito tutti gli attori principali. Da Christian Bale, che ora interpreta un calvo e panciuto truffatore di nome Irving Rosenfeld, sposato con l'alcolizzata e davvero simpatica Rosalyn Rosenfeld (Jennifer Lawrence), che interferisce maldestramente con gli affari del marito; alla bellissima e nudissima Amy Adams nei panni della socia/amante di Irving. Altra vecchia conoscenza è Bradley Cooper (l'ex bipolare Patrick "Pat" Solitano Jr.), questa volta nel ruolo dell'agente Richie DiMaso che, ossessionato dall'idea di ripulire il mondo dalla malavita e dai politici corrotti, costringerà la coppia criminale (retaggio inevitabile del duo Bonnie e Clyde), a collaborare con l'FBI. I fatti sono tratti da una storia vera: l'indagine federale della fine degli anni Settanta, conosciuta come operazione Abscam, che coinvolse diversi membri del Congresso degli Stati Uniti d'America, accusati di corruzione. Nuovo di pacca è invece Jeremy Renner che, con il suo ciuffo alla Elvis, dà vita al magnanimamente corrotto sindaco del New Jersey, Carmine Polito, che accetta tangenti solo per il bene della sua popolazione. Difficile dire di fronte a che genere cinematografico ci troviamo: le scelte musicali con cui interagiscono i vari personaggi, a sprazzi sembrano imparentare American Hustle al genere musical, d'altra parte il gangster movie è commisto a uno humor dilagante che avvicina la pellicola alla commedia piuttosto che al thriller. Per non parlare dell'ambientazione anni '70 che ci catapulta in un mondo di vestiti attillati, capelli cotonati e camicie stile Tony Manero, cui si somma questo mix eterogeneo di caratteristi, i veri protagonisti della scena. Il personaggio interpretato da Cooper è piuttosto complesso, sembra essere spinto dalla voglia di smascherare la malavita del New Jersey, ma è spesso preda di un irrefrenabile entusiasmo che lo costringe a decisioni affrettate contro il parere del più posato Christian Bale che, come una sorta di ritornello, continua a ripetergli che le cose vanno fatte in sordina. Alla fine del film, Irving Rosenfeld ci dimostrerà quanto questa regola base del manuale del buon truffatore sia vera e, tra alti e bassi, riuscirà a capovolgere la situazione con un colpo di genio.
(La recensione del film "
American Hustle" è di
Francesca Cantore)
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