La recensione del film Alpha

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ALPHA - RECENSIONE

Alpha recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[Alpha recensione] - 20 mila anni fa, durante l'ultima era glaciale, l'uomo lottava contro le avversità naturali cercando di assoggettare la natura ai propri bisogni. Una piccola tribù di uomini vive in un agglomerato di capanne. Gli uomini sono cacciatori e le donne sono dedite ai lavori domestici. Keda (Kodi Smit-McPhee) e suo padre Tau (Jóhannes Haukur Jóhannesson) partono con altri uomini della tribù per la caccia ai bisonti per far scorta di cibo per l'inverno che è alle porte. Keda è poco più che adolescente e non ha ancora acquisito la sicurezza nell'avventura, nel mettersi in gioco a tutti i costi e nel sapersela cavare in ogni temeraria situazione per garantirsi la sopravvivenza. Ed è così che nella battuta di caccia contro la mandria di bisonti, Keda viene creduto morto perché tutti, compreso suo padre, lo hanno visto precipitare in un burrone incornato da un bisonte. Ma può succedere che ciò che sembra e che si da per scontato, non appartenga alla realtà. Albert Hughes mette in scena la tenacia e l'acume di cui si arma il giovanissimo Keda, quando si ritrova su un pezzo di roccia che l'ha salvato da morte sicura impedendogli di precipitare nel burrone. Il cineasta statunitense si avvale della buona sceneggiatura di Daniele Sebastian Wiedenhaupt per raccontare le avventure affascinanti di un ragazzo Solutreano, Keda, capace di creare, per difendersi, manufatti molto taglienti dalla punta a foglie di alloro e di accendere il fuoco per scaldarsi e cuocere la cacciagione. Keda è chiaramente un rappresentante dei Cro-Magnon, uomini intelligenti, vissuti soprattutto nell'Europa Occidentale, capaci di trovare molteplici soluzioni per un'unica situazione. Il giovane Keda deve procurarsi del cibo, trovare un riparo per la notte, ma nello stesso tempo essere sempre vigile per prevenire agguati. Ed è infatti un branco di lupi affamati che lo attacca. Ma Keda, tra stupore e paura, riesce gloriosamente a difendersi e ferisce il lupo capo branco, che alla fine curerà e sfamerà, rendendolo un preziosissimo e fidato amico. "Alpha" osa alto nel racconto semplice ma efficace nell'affermazione costante di Keda che si pone con risolutezza nella lotta per la sopravvivenza. Ma Keda ha un altro punto a suo favore che riesce a tenerlo in vita. La sua ammirevole tenacia nel perseguire il bisogno di ricongiungimento con i suoi affetti, la sua famiglia, distingue Keda come persona consapevole del uso detsino. La stessa esigenza di instaurare con il lupo-alpha un rapporto di mutua fiducia, pone Keda nella sfera umana elitaria dell'uomo acculturato, per la consapevolezza di essere guidato da sentimenti importanti per il raggiungimento di mete edificanti. Albert Hughes così racconta un uomo relativamente primitivo, improvvisamente consapevole del suo stato e che deve escogitare tutti i mezzi per difendersi dal lungo inverno, dalla glaciazione, dall'impossibilità di trovare cibo per sfamarsi e che comprende l'importanza di addomesticare il lupo da lui ferito, animale selvaggio e pericoloso, per ovviare ad una sicura devastante solitudine. La fotografia di Martin Gschlacht rende molto bene l'atmosfera secca del paesaggio ed anche i momenti di forte glaciazione, in cui l'uomo difficilmente riusciva a sopravvivere. Alla fine "Alpha", pur nel suo stile favolistico, riesce a cristallizzare nel giovane Keda quel potenziale di umanità caratterizzato da inconfondibili e positivi sentimenti funzionali allo sviluppo della cultura e civiltà, prerogative umane, inarrestabili fino ai giorni nostri. (La recensione del film "Alpha" è di Rosalinda Gaudiano)
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