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Allacciate le cinture recensione] - Dopo Magnifica presenza Ozpetek torna ancora con un film corale. Il decimo lavoro del regista, lontano da atmosfere oniriche e raffinate metafore, trasmette un messaggio chiaro e univoco: l'impulso verso l'altro può essere più forte di qualsiasi scelta razionale, può farci ricredere anche sulle più ferme tra le nostre convinzioni e questo avrà delle conseguenze.
Elena (Kasia Smutniak), un'ambiziosa e intraprendente venticinquenne, tradisce il compagno con il fidanzato della sua migliore amica. Antonio, interpretato da Francesco Arca (che a sorpresa si cala perfettamente nella parte e rende credibile il suo personaggio) è un meccanico rozzo, di limitate vedute, razzista e con uno spiccato disprezzo per gli omosessuali: tutto quello che per cui Elena, almeno sulla carta, ha sempre provato repulsione… Eppure, come due campi magnetici di segno opposto, i due creano una forza uguale e contraria cui non possono sottrarsi.
Allacciate le cinture divide il suo viaggio con tagli netti su due piani temporali. Lo spettatore viene catapultato dalle calde giornate dei primi incontri tra i due amanti, alle ombre di una vita di coniugale di rancori e oscuri silenzi. Sembrerebbe una relazione destinata al fallimento fino a quando Elena si trova a fronteggiare una prova più dura e ostile di tutte le incomprensioni e tradimenti. Forse la parte più irrazionale che l'ha portata a costruire la sua vita con Antonio si rivelerà la chiave per affrontare la lotta al cancro.
Decisamente troppo esplicito in alcuni dialoghi, che non lasciano aperti i canali dell'immaginazione sull'intreccio della storia, il film scivola in alcuni cliché che sembrano davvero gratuiti… salvo sorprenderci improvvisamente con quella sinfonia avvolgente e melanconica che solo Ferzan sa evocare. Ed è allora che riapriamo gli occhi, avvertiamo traccia dell'Ozpetek più riuscito e autentico e le confessioni tra Elena e la sua bizzarra compagna di stanza ci fanno pensare alle Fate ignoranti. Egle (Paola Minaccioni), insieme alla zia (Elena Sofia Ricci), è senza dubbio il personaggio più riuscito del film, ci strappa un sorriso anche quando il ticchettio delle gocce di chemio, il foulard variopinto per mascherare la caduta dei capelli e le labbra totalmente anemiche di Elena portano al dramma. Ma non si ritrova quel tocco del regista capace di affrontare i sentimenti in maniera trasversale, senza sentimentalismi e lontano dalla retorica.
(La recensione del film "
Allacciate le cinture" è di
Clara Gipponi)
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