ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE di Clyde Geronimi
di Francesca Lenzi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.
"Il coccodrilletto nel fiume discese, e a nuoto sorprese di pesci un gruppetto. Ei tutto arcigiuglio gli artigli suoi arrotò, dischiuse poi le fauci e i pesci si mangiò.", disse il Brucaliffo all'incantata bambina dai capelli d'oro, aliena figura del luogo, ospite inatteso, precipitato senza avviso, ed invito, nel regno della Regina di Cuori. Alice nel Paese delle Meraviglie è un lungometraggio animato prodotto dalla Walt Disney, uscito nel 1951, tratto dai libri di Lewis Carroll ("Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie" e "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò"). Il film non ebbe il successo sperato, rappresentando un fallimento a livello di incassi, e le critiche furono molte. I rimproveri maggiori, tuttora evidenziati dai detrattori della pellicola in oggetto, confluiscono sostanzialmente nell'accusa circa la mancanza di coerenza del testo, la cui lettura appare confusa e indisciplinata. In effetti, il percorso non ha l'aspetto lineare del racconto, scisso nelle proprie componenti (introduzione, sviluppo, punti chiave della storia, conclusione), essendo pronunciato attraverso sequenze, spesso ellittiche, quasi mai risolutive, in definitiva apertamente prive di una chiara adesione logica. Il cinema, contrariamente a quel che se ne crede, non è vincolato al sano principio dell'opinione; ovvero, se il gusto influenza profondamente il giudizio, questo non può venire meno a determinati canoni, all'eventuale o sconfessata qualità contenutistica, visiva, significante. "Alice nel Paese delle Meraviglie" paga, nelle valutazioni negative, non problemi di natura tecnica, in quanto indubbiamente dotata di risultati estetici mirabili e di rivelazioni straordinarie, ma un approccio interpretativo alquanto volubile e suscettibile di variazione. Sarà difficile riscontrare pareri neutri nei riguardi di un'opera che, al di là delle scelte di orientamento, costituisce uno schiaffo alla struttura rassicurante della filmografia Disney precedente. Il difetto attribuito ad Alice può essere convertito nel pregio più alto, qualora ci si affranchi dal dover considerare il cinema come semplice esposizione di eventi, in favore di una scelta di lettura libera e non condizionata da schemi prestabiliti. In questo caso, sarà naturale abbandonarsi al flusso policromo di personaggi felicemente assurdi e improbabili, testimoni inappuntabili di un universo altro, che elude la realtà e sfugge alla ragione, secondo l'unico criterio corrispondente alla Fantasia. Fantasia che, in "Alice nel Paese delle Meraviglie" coincide con il Sogno. In tali termini trovano piena giustificazione tutti gli accadimenti e le figure sprovviste di razionalità all'interno del racconto, metafora del viaggio onirico. Solamente in questa prospettiva, tramite distacco dall'ambito oggettivo è possibile riconoscere il piacere dell'immaginazione, quale potere sconfinato della mente, e così emanciparlo dai limiti stessi che l'intelletto si pone in difesa della comprensione. Smarrimento, paura, perdita di sicurezza, sono i sintomi riconducibili alla sfera sognica, dovuti principalmente alla consueta sottrazione di elementi in grado di allineare la dimensione fantastica alle sembianze concrete, attraverso la presenza di spaziperturbanti, forme alterate, azioni trattenute e involontarie; atti riscontrabili in Alice, come in ogni individuo. Ciò che talvolta rende estraneo e avverso un procedimento del tutto affine al comportamento umano, è la complessità ad adeguare quel concetto astratto alla propria sfera personale; impedimento comune al bambino (incapace di creare collegamenti esterni alla persona), come all'adulto (costretto nei confini della logica). Se nell'età infantile la soluzione si ritrova nello spontaneo istinto verso la capacità creativa, l'uomo ha il dovere di ricercare in sé stesso quella parte vitale immaginativa, spesso relegata a muta comparsa. Solo così si gioirà alla vista dello Stregatto, e la foresta dei Tulgey avrà l'intonazione cupa e malinconica dell'incertezza. Solo così acquisterà forza la danza clownesca dei gemelli Pinco Panco e Panco Pinco, e il fumo concesso dal Brucaliffo odorerà - davvero - di pungente e roca nebbia. Nessun timore deve incombere sullo spettatore: la stessa Alice suggerisce la bontà della Fantasia, che debba essere smisurata ma transitoria, libera ma a termine, pena la completa scomparsa di riferimenti effettivi. E allora, complici dell'insegnamento che il capolavoro Disney del 1951 sa offrire, via all'insensata festa per il non-compleanno, in compagnia del Cappellaio Matto e del Leprotto Bisestile! Amiamo la coreografica rincorsa delle carte della Regina, così simile per sbalorditiva magnificenza ottica alla ebbra sequenza del ballo degli elefanti in Dumbo (1941)! Corriamo a perdifiato, intorno a Capitan Libeccio, illusi e felici, a consumare la nostra maratonda! Perché, signori, "che bellezza se sapessi che quel mondo delle meraviglie c'è"!