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Ad Astra recensione] - Ci possono essere vari motivi per fare un film di fantascienza. Lo si può fare per puro entertainment e allora la fantascienza diventa poco più di uno scenario dove ambientare un'avventura condita da elementi più o meno futuribili, vedi i recenti The passengers o Life (ma se ne potrebbero citare decine), oppure lo si può fare perchè mossi da intenti maggiormente filosofici e allora la fantascienza, con tutto il suo carico di mistero e ignoto, può diventare metafora ideale per riflettere su quella parte indicibile dell'esistenza. E' questa sicuramente la fantascienza più nobile ma anche quella più insidiosa. Qui infatti le strade si biforcano ulteriormente in quanto si può fare un film di fantascienza "filosofico" senza dimenticare lo spettacolo e allora si può fare Interstellar o Blade runner o Gravity oppure si può essere rigorosi fino in fondo e allora o sei Kubrick o Tarkovskij oppure il rischio è fare Ad astra. Perché non è detto che lunghi silenzi, voce fuori campo, movimenti rallentati, un cinema vagamente contemplativo sia sinonimo di profondità di pensiero, il più delle volte è sinonimo solo di noia. E dire che James Gray, pur non essendo Kubrick, si è sempre dimostrato regista degno di rispetto ma è altrettanto vero che le prove precedenti, da The Yards a I padroni della notte passando per Two lowers, sono lontanissime dal genere fantascientifico. E' evidente che il problema non è il come ma il cosa. Non è come si dice ma cosa si dice. E cosa dice Ad Astra, film in concorso all'ultimo Festival di Venezia dove ha ricevuto anche critiche lusinghiere (chissà cosa vedono certuni?...)? La sensazione è che dica poco e lo dica in maniera confusa (o magari no, magari dice cose profondissime e siamo noi non sufficientemente intelligenti da comprenderle). Comincia come un action, poi come un thriller che sembra nascondere qualcosa di metafisico, alla 2001 per intenderci: Tommy Lee Jones, sparito nello spazio 16 anni prima in realtà non è morto e forse è lui la causa di quelle esplosioni cosmiche che stanno mettendo in ginocchio la Terra. Toccherà al figlio, Brad Pitt (pare impossibile ma Tommy Lee Jones e Brad Pitt sarebbero un padre e un figlio perfetti), andare nello spazio per cercare di mettersi in contatto con lui. Seguono altre vicissitudini, altre disavventure, altri imprevisti, sempre in bilico tra astrazione e realtà, tra il verosimile e l'improbabile: un attacco pirata, delle cavie assassine, Brad Pitt che supera qualsiasi ostacolo con fare imperturbabile. L'antimateria, la vita nell'universo, la luna trasformata in un hub aeroportuale, velate critiche alla società dei consumi. Alla fine del suo viaggio cosa scopre il nostro eroe? Che invece di guardare in alto è meglio guardare in basso? Che la felicità sta nelle piccole cose? Che pontificare sui massimi sistemi non serve a niente se non hai cura degli affetti (la povera Liv Tyler relegata a tre minuti di flashback spezzettati)? Era necessario andare su Nettuno per capirlo?
(La recensione del film "
Ad Astra" è di
Mirko Nottoli)
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