di R. Gaudiano
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A White White Day recensione] - Ingimundur ha perso la moglie in un incidente stradale. Momento difficile per lui, capo della polizia locale in congedo di un paesino della gelida Islanda. Aiutato da uno pisicologo per superare il lutto improvviso, Ingimundur passa molto del suo tempo in compagnia della sua nipotina Salka, una bambina molto sveglia di otto anni. Una scatola di cartone che sua figlia Elin ha recapitato in casa del padre, sarà l'elemento che scatenerà in Ingimundur una collera indomabile: all'interno della scatola c'è del materiale che prova il tradimento di sua moglie. Diretto e sceneggiato da Hlynur Palmason, "A White, White day", con una scrittura parzialmente di montaggio, racconta la storia dell'uomo Ingimundur, ferito nell'apprendere il tradimento della moglie, rabbia che, alla fine, supera lo stesso dolore per la sua morte. La mdp punta il volto dell'uomo, intenso nel manifestare la sua collera, ma spazia anche tra oggetti e luoghi della vita cittadina, nella rarefazione bianca dell'aria, nel gelo tipico del luogo. Per il regista islandese tutto è materia da mettere in scena: inquadrature di case, strade, uomini e automobili. Tra luci e colori smorzati, voci di un racconto che prende forma in una sua propria ritmica nel creare una potenza suggestiva che si coniuga con il bisogno di vendetta di Ingimundur, la più spietata verso l'amante della sua defunta moglie. Eppure quest'uomo gode del rapporto empatico e puro con la sua amata nipotina Salka, rapporto che gioco forza si trasforma in forme e sembianze bieche per la psicosi che assale l'uomo. La narrazione è sempre parallela alla creazione di situazioni travolgenti e simboliche. La protesta insensata di Ingimundur nell'ufficio di polizia contro i suoi colleghi, che ingabbia quasi con ferocia e la reazione programmata verso l'amante di sua moglie, una sorta di macabro rituale punitivo. Palmason raggiuge un'autonomia poetica nelle inquadrature, che vivono di vita propria, in un simbolismo di grande valore scenico di videoarte. Un cinema legato al ritmo ragionato, ad una composizione fatta d'immagini, suoni, musica, silenzi, sguardi intensi e dialoghi, elementi che a volte annunciano anche una violenza latente. Ed è l'uomo Ingimundur, interpretazione encomiabile di Ingvar Sigurdsson, a conquistare la scena attraverso il suo sguardo carico di un sentimento contrastante, tra dolore, rabbia e follia, una caratterizzazione di una forza contro regole, che convince e conquista. Ma la miseria del rancore alla fine lascia lo spazio necessario ad una riformulazione interiore, una riconciliazione per Ingimundur con sé stesso e soprattutto con quel legame coniugale sigillato nella sua memoria, nel suo volto disteso in un sorriso appena accennato, nell'azzurro glaciale dei suoi occhi velati di lacrime. Presentato a Cannes e Toronto e poi selezionato dall'Islanda per i prossimi Oscar, "A White, White day" è vincitore del Torino Film Festival e Ingvar Sigurdsson ha ricevuto una candidatura agli European Film Awards come il Miglior attore protagonista, aggiudicandosi la vittoria del Rising Star Award al Festival di Cannes 2019.
(La recensione del film "
A White White Day" è di
Rosalinda Gaudiano)
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