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A testa alta recensione] - Non avrebbe mai immaginato di riuscire ad affrontare le proprie insicurezze a testa alta, Malony, abbandonato per la prima volta dalla madre quando aveva sei anni. È sorprendente, però, come sia riuscito a non odiarla e a riversare invece tutta la sua rabbia contro il resto del mondo, che disprezza a prescindere e senza distinzioni. I suoi passatempi preferiti sono il furto d'auto e la guida pericolosa, talenti che la stessa madre sembra apprezzare.
Si direbbe un ragazzo destinato a non crescere, Malony (l'esordiente Rod Paradot), poiché la sua condotta non cambia nemmeno dopo i consigli, gli avvertimenti e le minacce del giudice minorile e dell'assistente sociale, rispettivamente interpretati da Catherine Deneuve e Benoît Magimel. Non sono loro i detonatori di cui ha bisogno, nonostante il fatto che in alcuni momenti di lucidità Malony riconosca tutta la pazienza che gli stiano concedendo. Quello che gli serve davvero è l'affetto e la comprensione di qualcuno che gli somigli il più possibile: un altro pesce fuor d'acqua con cui condividere la propria difficoltà a rispettare le regole e imparare, per prima cosa, a rispettare se stesso.
Tess (Diane Rouxel), la ragazza che ricopre questa funzione, è il vero motivo che spinge Malony a dominarsi, a provarci, ma il difetto principale è proprio che il personaggio rimane solo un pretesto. Tess è poco presente sulla scena - non solo fisicamente - e gli incontri con Malony, sebbene siano intensi e rappresentino i soli momenti in cui lui riesce a dimenticarsi di sé, non giustificano il mutamento così repentino che avviene in lui. A cosa sono valsi i litigi con l'assistente sociale e i compagni dei vari istituti, gli insulti al giudice o le manette se tutto scompare in pochi minuti, come se un burattinaio intransigente decidesse che direzione deve prendere il racconto?
Si tratta di un difetto che sporca un racconto efficace, quando si tratta di descrivere un personaggio e tracciare le premesse del suo sviluppo, ma non altrettanto pronto nel seguirne un'evoluzione credibile. Non è il finale a non convincere, ma solo il percorso attraverso il quale ci si arriva, che sminuisce l'incisività con cui la regista, Emmanuelle Bercot, aveva raffigurato il disagio di chi raramente riesce a camminare a testa alta.
(La recensione del film "
A testa alta" è di
Paolo Ottomano)
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