ZUCKER!
 

recensione zucker!

 
Campione d'incassi in Germania (dove ha vinto 6 premi Lola, i più importanti riconoscimenti del cinema tedesco, oltre al premio Ernst Lubitsch per la migliore commedia dell'anno) e intenzionato a bissare il successo in tutto il mondo di "Goodbye Lenin", "Alles auf Zucker!" (Tutto sullo Zucchero!) parla di una mamma ebrea che riesce, col testamento, a riunire i due figli divisi dal Muro di Berlino e da vecchi rancori. "Una gustosissima commedia degli equivoci.", "Una commedia sfacciata, intelligente.", "Una commedia con dialoghi fulminanti.". Così si legge sulla carta stampata a proposito di "Zucker!" e francamente tanto entusiasmo non si comprende bene (sorge il sospetto che il tutto sia semplicemente dovuto al fatto che sostanzialmente sia il primo film tedesco a guardare il mondo della comunità ebraica berlinese con un ap-  
 
proccio "normale"). E' certamente un film gradevole, che fa passare spensieratamente un paio d'ore, con qualche battuta buona, attori perfettamente calati nella parte, un buon ritmo, qualche situazione decisamente divertente. Ma nulla di più: definirlo "un film geniale" (Berliner Zeitung) è fuori luogo. E non è esatto presentarlo come una brillante analisi di vizi virtù costumi e nevrosi degli ebrei ortodossi tedeschi,  
né tantomeno come la descrizione audace di due culture o l'incontro-scontro di due mondi, quello ebraico ortodosso e l'ebraico laico e comunista. L'opposta realtà ebraica fa semplicemente da cornice, non è certo il tema portante del film e se fosse eliminata le cose non cambierebbero molto (tutto il contrario ad esempio dello splendido "Uno, due, tre" del grande Billy Wilder dove il contrasto tra i due opposti cinismi, quello burocratico dell'Est e quello imprenditoriale dell'Ovest, costituivano il centro della storia). Più esatto definire "Zucker!" una commedia agrodolce sulla famiglia e sui suoi molti tipici conflitti. Dany Levy, da alcuni molto impropriamente accostato a Woody Allen Ernst Lubitsch Mel Brooks (e cioè ai campioni dell'umorismo ebraico), va lodato per l'allestimento curatissimo ma soprattutto per non aver spinto troppo sia sul registro del grottesco che del comico, col pericolo di ridurre i personaggi a delle pure macchiette o stereotipi: la recitazione sobria e moderata degli attori in modo da far nascere il divertimento semplicemente dalla situazione in cui ci si trova è uno dei pregi del lavoro, persone normali prese in un contesto anormale (è indicativo che il regista, contro la generale interpretazione che la critica ha dato alla sua opera, abbia dichiarato in una intervista "...non vi sembrerà di aver visto un film sugli ebrei, ma di aver incontrato persone che suscitano emozioni in voi, con cui e di cui potete ridere").

(di Leo Pellegrini )

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