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recensione il
suo nome è
tsotsi
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Athol Fugard è
un celebre drammaturgo
sudafricano e "Tsotsi"
è finora l'unico
suo romanzo. Pubblicato
nel 1980 è
ambientato negli anni
'50 ma il film sposta
la storia nel tempo
presente e così
questo racconto, provocatorio
ed emozionante, di
crimine e di redenzione
assume maggiore efficacia
e attualità.
Merito del regista,
Gavin Hood, che al
suo terzo lungometraggio
mostra un talento
formidabile e realizza
un'opera straordinaria,
suggestiva e sintetica,
tesa e genuina come
poche (in Italia è
arrivata nel 2000
la sua seconda opera,
"Verdetto bianco",
prodotto a basso budget
ma gran successo al
Sundance Film festival
e vincitore all' All
Africa Film Awards).
In un mondo che vive
di terribili e apparentemente
inconciliabili contrasti
(mai rappresentato
in maniera banalmente
e superficialmente
manichea) il protagonista
appare irrime- |
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diabilmente
condannato
a una
vita
fatta
di sola
violenza,
ma accade
qualcosa
che
porta
a una
lenta
graduale
coerente
trasformazione
e alla
scoperta
del
vero
sè,
ed è
impressionante
come
il regista
riesca
a raggiungere
il risultato
(è
The
Times
a sottolinearlo)
di "far
sì
che
il pubblico
pianga
alla
fine
del
film
per
un giovane
che
aveva
condannato
solo
novanta
minuti
prima".
Un'ora
e mezza
di tensione
estrema,
una
narrazione
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intensa profonda
amara e pur
così
umana. Un'opera
cruda e angosciante
ma nello stesso
tempo una
delle più
tenere struggenti
delicate storie
d'amore mai
viste sul
grande schermo.
Un film che
focalizza
l'attenzione
non sulla
violenza ma
sulle sue
conseguenze;
un film dove
importanti
sono l'atmosfera,
i comportamenti,
gli sguardi
che dicono
più
di mille inutili
parole. Un
lavoro che
si fa ammirare
anche per
una fotografia
"mozzafiato",
in cui ogni
immagine è
un quadro
e la luce
e le inquadrature
hanno un valore
pittorico
di estrema
suggestione,
e per una
felicissima
colonna sonora
perfettamente
aderente a
ogni singola
sequenza.
Onore al merito
all'intero
cast (incredibile
che i due
protagonisti
siano al loro
primo film!)
e soprattutto
a Presley
Chweneyagae,
mostruosamente
bravo nell'esprimere
una personalità
dalle mille
sfaccettature.
Giustamente
"Tsotsi"
(malvivente)
è candidato
all'Oscar
come miglior
film straniero,
ha vinto il
Premio del
pubblico ai
Festival di
Toronto e
di Edimburgo,
si è
aggiudicato
riconoscimenti
anche al Thessaloniki
Film Festival
e al Los Angeles
Afi Film Festival
e ha ottenuto
il British
Academy of
Film and Television
Arts Awards
al miglior
film in lingua
straniera.
p.s. Film
visto in lingua
originale
con i sottotitoli.
Verrà
purtroppo
distribuito
doppiato:
operazione
inutile e
dannosa (le
singole parole
dette non
hanno alcuna
importanza,
il parlato
-lo slang
di Soweto-
contribuisce
non poco al
fascino del
film e gli
dà
maggiore credibilità).
(di Leo
Pellegrini)
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