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recensione tristano
e isotta
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Non resta alcuna traccia
del poema cavalleresco
Tristano e Isotta
nel film di Kevin
Reynolds. La vicenda
d’amore e morte
per eccellenza, tramandata
da diversi poeti e
cantori, qui diventa
un pretesto per mostrare
due attori bellocci
e qualche scena di
battaglia ben girata.
Non era possibile
trasporre fedelmente
tutta la triste storia
dei due leggendari
amanti: troppe le
peripezie, gli intrighi,
i personaggi. Tuttavia
il regista ha addirittura
scarnificato uno dei
racconti più
affascinanti legati
al ciclo arturiano:
Tristano non combatte
contro il drago, non
imperversa in quasi
nessuna delle innumerevoli
guerre, non è
venduto come schiavo,
non duella con Lancillotto,
non è neanche
vagamente il cavaliere
dal destino infausto
della leggenda bretone...
Isotta non è
più una principessa
con l’alone
di fata, capace di
fare incantesi- |
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mi:
è
una
bella
ragazza
qualunque,
e i
due
si innamorano
senza
l’ausilio
di filtri
d’amore.
Tristano
non
conosce
il vero
nome
di lei,
e quando
chiede
in moglie
per
conto
dello
zio
Lord
Marke
la figlia
del
re d’Irlanda,
non
sa di
aver
chiesto
la propria
salvatrice.
Così
Isotta
sposa
lo zio
di Tristano
e inizia
l’amore
adulterino
e il
tradimento
dei
due
giovani
nei
confronti
del
buon
signore
Marke.
Alcuni
nobili
inglesi,
avidi
di |
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potere, tramano
contro Lord
Marke e Tristano;
scoperta la
relazione
tra il favorito
del lord e
la principessa
irlandese,
la sfruttano
a proprio
vantaggio,
cercando di
scatenare
un conflitto
interno per
rafforzare
la propria
posizione.
Tristano muore
valorosamente
combattendo
al fianco
di Lord Marke,
riscattando
col sangue
il proprio
tradimento.
Il film ha
il pregio
di non annoiare,
il racconto
è fluente,
la recitazione
è di
buon livello,
ma è
un’opera
senza magia,
senza palpiti,
senza il senso
dell’ineluttabilità,
della morte
incombente,
e non è
in grado di
catturare
lo spettatore.
I due protagonisti
sono privi
di fascino
e non hanno
neanche il
tipo fisico
adatto: il
bel James
Franco ha
ben poco dell’eroe
nordico triste
e tormentato,
e la graziosa
Sophia Myles
sembra un
clone di una
qualsiasi
attrice da
telefilm per
teenager,
molto lontana
dalla leggiadra
ed eterea
bellezza del
suo personaggio,
senza mistero
e senza incanto,
come tutto
il film.
(di Margherita
Sanjust
di Teulada)
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