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Già attrice
per autori come Rivette,
Tavernier, Resnais
(in “mon oncle
d’ Amerique”),
Brigitte Rouan arriva
per la prima volta
in Italia da autrice
nonostante sia alla
sua quarta regia da
“outremer”
(1990, gran premio
della settimana della
critica a Cannes).
Carole Bouquet ha
recitato, tra gli
altri, con Bunuel
(debuttando, nel 1977,
con “quell’
oscuro oggetto del
desiderio”),
Blier (“troppo
bella per te”,
valsogli il Cesar),
Leconte (“tango”).
Elegante, dinamica,
una grazia magnetica,
la Bouquet interpreta
un’ avvocato
benestante da poco
separata. Vive in
un grande appartamento
con la madre, attratta
da teorie e pratiche
orientali, un figlio
che gira solo sui
pattini e fuma erba,
una figlia dedita
a piccoli furti e
che si difende dall’
arresto con spray
urticante. Mentre
la mamma in aula rappresenta
i migranti per ottenere |
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permessi
di soggiorno
e abitazioni
dignitose,
partecipa
a cortei
di solidarietà
con
la loro
causa,
quando
decide
di fare
alcune
ristrutturazioni
in casa
chiama
a lavorare
dei
clandestini
provenienti
da diverse
parti
del
mondo.
Si crea
così,
in un
miscuglio
di idiomi,
una
squadra
confusionaria,
approssimativa,
invadente,
calorosa.
Dopo
lo stress
iniziale
la donna
si ritroverà
più
ricca
umanamente,
e capace
di dare
il giusto
peso
ai |
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propri disagi
rispetto a
quello che
provano quanti
sono costretti
a partire
dai rispettivi
paesi in cerca
di fortuna,
col rischio
di incontrare
sfruttamento,
diffidenza,
ostilità.
Nel piccolo,
un esempio
simbolico
delle ricche
società
occidentali
alle prese
con l’
accoglienza:
verso la doppia
nazionalità,
la Rouan al
segno meno
dell’
integrazione
preferisce
il plus dell’
apporto. Con
una rappresentazione
spesso macchiettistica,
ma nel complesso
ritmata, leggera,
colorata.
(di Federici
Raponi)
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